lunedì, novembre 28, 2005

Come la gente ha vissuto il 25 aprile


Che giorno è stato per la gente comune il 25 aprile 1945 ? Quelli che non l’anno vissuto come lo immaginano ?
La storiografia ufficiale lo descrive come un giorno di festa popolare, come all’arrivo degli americani nelle città del sud, quando questi distribuivano cioccolato ai bambini e rimorchiavano le ragazze, ma è un’immagine retorica.

Il giorno del 25 aprile non c’era la gente in strada con le bandiere, gli evviva, i canti, ad accogliere i partigiani, ed abbracciarli. Non c’erano le ragazze che si innamoravano a prima vista di loro, ecc. ecc. ecc. come vuole la storiografia ufficiale. Tutto questo non c’è stato.

A livello popolare c’è stato sicuramente grande sollievo per la fine della guerra.
Insieme a questo però, la vista di morti sconosciuti sulle strade e di tutti quegli uomini armati, desiderosi di vendetta che portavano in corteo le loro prede da ammazzare, induceva timore in gran parte della gente. A livello di civiltà c’è stata una drastica regressione storica.
Il racconto di Luigi Abordi mi richiama alla mente i romani vincitori di ritorno dalle Gallie, con Vercingetorige portato in corteo come trofeo di guerra da mostrare al popolo, e come conclusione da ammazzare trionfalmente in pubblico.

Tra l’altro voglio far notare l’eccezionalità e la validità della testimonianza di Luigi: lui si trovava a vivere nel punto più simbolico di quelle giornate, a livello di tutta la Nazione: vale a dire in Piazzale Loreto. Se non c’era festa in Piazzale Loreto non c’era festa da nessun’altra parte. In effetti si stava celebrando la vendetta.

Nei giorni successivi si ballava in gran parte dei cortili, questo si, ma è un discorso diverso, umano, liberatorio, festaiolo, non celebrativo.
Erano tornati gli uomini dalla guerra, quelli nascosti erano usciti e dopo 5 anni era tornato il permesso di suonare e ballare in pubblico. Durante la guerra era proibito ballare, per rispetto ai soldati che stavano al fronte.

Per concludere voglio riportare alcuni passaggi dell’articolo di Ermanno Olmi.

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Franco Valsecchi

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