sabato, ottobre 15, 2005

La Maria - piena-de-pioecc

L’ambiente
Siamo a Milano nei primi anni del dopoguerra, diciamo dal 1945 al 1950, nella zona del Naviglio Grande che va dalla Darsena di Porta Ticinese ai primi ponti sul Naviglio, cosidetti di via Corsico, via Casale e via Valenza.
Sulla sponda sinistra del Naviglio, per chi viene dalla Darsena (Ripa di Porta Ticinese) viaggiano il Tram 19 e il tram de Biagrass.
Sulle due sponde del Naviglio circolano carretti a traino animale (umani, somari e cavalli), biciclette, tricicli, motorini e Lambrette.
I sciuri pasen via in machina estranei al panorama.
Non li vediamo neanche.
Nel Naviglio si muovono pigri i barcun, pieni di sabbia del Ticino, che stanno per completare il loro viaggio verso la Darsena.
Dalle finestre delle case prospicienti il Naviglio si può godere la vista di questo teatrino di vita quotidiana.Nei giorni di pioggia, quando sei pervaso da una sottile malinconia, puoi rimanere ore alla finestra ad osservare questo pulsare di vita, sempre uguale e sempre diverso, conosciuto ma sempre nuovo.
Assisti allo scorrere della vita.
Nelle sere afose d’estate, balconi e finestre sono affollati.
La gente scende anche in strada a sedersi sulle sponde del Naviglio, in particolare sulla sponda destra (Alzaia Naviglio Grande), dalle parti del Vico Lavandai.Il Naviglio diventa un ritrovo.
La gente se ne sta a prendere l’aria fresca del Navili e a ciciarà(chiaccherare).
A volte c’è anche lo spettacolo dei ragazzi che si tuffano dai ponti nell’acqua del Naviglio.
Sarebbe proibito.
Ogni tanto arrivano i ghisa in biciclèta e c’è il fuggi-fuggi, spettacolo anche questo.
In questo piccolo mondo di periferia sotto gli occhi di tutti, unico nella nostra città, domestico, paesano, vivo di gente indaffarata e non, de gent che va a butega, di artigiani che vanno a rintanarsi nei loro tuguri a piano terra delle case di ringhiera, e di altri tipi più disinvolti, gent cun la scèna frègia.
In questo mondo casereccio, fatto di gente semplice e conosciuta, avvengono episodi di vita sotto lo sguardo di tutti, vissuti da tutti.
Fatti gioiosi o tristi, spiritosi e coloriti degni di scenette da avanspettacolo, oppure malinconici, a volte penosi.Esistono personaggi di quartiere familiari a tutti, con i loro nomi, ma soprattutto con i soprannomi.
Ci sono macchiette, venditori ambulanti con i loro richiami, ubriaconi, ladruncoli che van denter e foera de San Vitur, barboni, donnette di carattere allegro oppure allegre a pagamento, gente che al sabato sera si gioca ai dadi sul marciapiede la paga settimanale.

Il fatto
Uno di questi personaggi a l’è la Maria-pièna-de-pioecc.
Una vecchia barbona che dorme sotto i ponti del Naviglio e gira per le strade del quartiere raccattando roba.
La Maria è una donnetta magra, sdentata, con i capelli a trecce, raccolti dietro la nuca a michetta, come si usava un tempo.
Entra in tutti negozi e tutti le danno qualcosa.
In un giorno di euforia i buontemponi di un bar della Ripa, forse a seguito di una scommessa, inventano uno spettacolo a favore del quartiere.
Offrono alla Maria-pièna-de-pioecc la possibilità di dare pubblico spettacolo in cambio di una congrua somma raccolta tra loro, una somma che poteva valere tra cinquanta e centomila lire di oggi. (mille o duemila lire di allora) Il gruppo di amici chiede alla Maria di fare il suo bisogno sulle rotaie del tram, a mezzogiorno, nel pieno del traffico di operai e artigiani che vanno a casa per il pranzo.Si instaura una trattativa con la Maria, sulle modalità e sul prezzo.
L’accordo è felicemente raggiunto e lo spettacolo si farà.
L’appuntamento è per il giorno successivo all’altezza del ponte di via Corsico.
Tutto il quartiere ne è informato e vive gioiose ore di attesa.
Il giorno dopo, una decina di minuti prima dell’evento, si raduna una piccola folla che fa cerchio attorno alla Maria, la protagonista, e blocca il traffico in anticipo.
Alle finestre ci sono gli abitanti del quartiere in trepida attesa.
I possessori di balconi ospitano vicini ed amici. E’ una tribuna allegra, felice, partecipante.
Intanto arrivano due vetture del “Tram 19”, una per ciascun senso di marcia, e rimangono in attesa, con i viaggiatori, che, volenti o nolenti, partecipano allo spettacolo.
A mezzogiorno la strada è invasa dalla gente.
Quando viene dato il via la Maria va in mezzo alle rotaie, si alza la gonna e si mette in posizione, dovendosi solo accosciare in quanto non indossa le mutande.Comincia quindi il tentativo di evacuazione.
Lei ha dei problemi iniziali. La cosa richiede un poco di tempo.
Maria spinge incoraggiata dalla folla entusiasta.
Emette dei piccoli muggiti intervallati da pause, imprecazioni e commenti. La gente incita: dai Maria che te ghe la fè !!! .....porta pasiensa, ghe voer el sò temp, ..... anca mi tanti volt fu fadiga,...... forsa forsa Maria !!! Ed ecco che dopo qualche minuto il tentativo va a compimento. Maria con un muggito finale, seguito da un lungo sospiro conclusivo, scarica il frutto dei suoi sforzi sulle rotaie del tram raggiungendo felicemente il traguardo.
Dalla strada parte un grande applauso che si propaga alle finestre ed ai balconi insieme ad acclamazioni : brava Maria !!! Maria estrae quindi dal suo fagotto una pagina di giornale e si pulisce accuratamente, tra gli applausi ed il consenso generale.
Ricomposta la gonna e raccolto il suo bagaglio, va dal capo clan a ritirare il compenso pattuito.
Con un ampio gesto della mano saluta tutti e si allontana orgogliosa e soddistatta, accompagnata dal plauso e dall’affetto di tutti, lasciando sulle rotaie la testimonianza della sua onesta prestazione.

Franco










































La sagra di Foxi

PREMESSE
La sagra di Foxi è sempre ovviamente esistita.
Oggi sarebbe impossibile datarne un inizio, cosi come per tutte le altre feste di paese.
Renata e lo scrivente, suo consorte, frequentano la Vallarsa, anzi, Foxi di Vallarsa, dal 1964, e da allora, ogni anno, sono stati testimoni e parte attiva della sagra di San Rocco, nel giorno del 16 di Agosto. Noi eravamo ospiti dell’albergo La Lanterna, i cosiddetti foresti per la gente della Valle.
L’epicentro della festa è sempre stato l’albergo, all’epoca gestito da Mario Fox, marito di Pina, scomparso da più di vent’anni.
La sagra di Foxi era un’allegra festa di paese, in famiglia, come tante altre, senza una sua fisionomia specifica. C’era (e c’è tutt’ora) la Santa Messa nella chiesetta di San Rocco e fuori dalla chiesa qualcuno preparava su un tavolino dei dolci ed una bicchierata per quando la gente usciva dalla celebrazione.
Ogni anno gli ospiti dell’albergo si inventavano in modo estemporaneo le cose più varie, dalla caccia al tesoro a recite teatrali o danze sulla terrazza dell’albergo stesso, con palloncini luminosi e bandierine sulla strada a richiamare l’attenzione dei passanti.
Ad un certo punto è però nato qualcosa di diverso, di personalizzato e unico nella Valle, punto di partenza dell’attuale Sagra di Foxi.
La svolta è stata l’introduzione del risotto, divenuto il simbolo, l’icona della festa di Foxi.
Il conteggio degli anni di vita dell’attuale sagra, che raggiunge i trent’anni il prossimo mese di Agosto 2005, inizia dal risotto.

I PADRI FONDATORI

La data di nascita è Agosto 1976, sponsor propiziatore Mario Fox da sempre gasato all’idea campanilistica di fare una sagra più bèla de tute le altre.
Il ruolo di esecutori materiali lo hanno rivestito due carissime persone, ora scomparse.
Erano Alfredo Napoli di Verona, cuoco in pensione, che aveva comprato una casa sulla strada statale di fronte alla fontana, e Angelo Pampuri, milanese e milanista, padre di Renata e campione dello “stare in compagnia”.
Per avere un’idea del carattere di Angelo si consideri che io l’avevo affettuosamente ribattezzato el Rè de la Barona per merito delle sue conclamate avventure giovanili.
(La Barona è un quartiere periferico di Milano).
Noi quell’anno eravamo assenti per ragioni di lavoro.
IL RISOTTO
Come già ho detto, il risotto è stato l’elemento caratterizzante della festa nella veste attuale.
Alfredo Napoli si fece promotore di una iniziativa rivoluzionaria proponendo ad Angelo Pampuri una grande collaborazione, consistente nel preparare e distribuire risotto a tutti i festaioli.
Angelo Pampuri, non poteva rifiutare la proposta del Napoli, pena una seria perdita di prestigio personale. E fu così che il giorno di San Rocco, all’ora di pranzo, i due portarono in strada una pentola di risotto ai funghi, piatto poco conosciuto all’epoca in Vallarsa, e lo distribuirono ai partecipanti. Oggi può apparire strano che il risotto fosse qualcosa di raro, di esotico nelle Valli Trentine.
Qualcuno potrebbe chiedersi: ma come, non sapevano fare il risotto?
Che si stia parlando del 1800 ?
Nossignore, stiamo parlando con cognizione di causa della Vallarsa di qualche decennio fa.
Il luogo dello storico evento era l’intorno della fontana sopra menzionata, sulla Strada Statale.
La cosa ci venne raccontata a tempo debito dal nostro Angelo, con toni trionfalistici usuali al suo carattere. Noi non potevamo lasciar cadere la cosa nel vuoto.
Dopotutto facevamo parte a pieno titolo della dinastia del Rè della Barona.
CRESCITA
L’anno successivo tutta la famiglia, più amici e parenti, era quindi in pista per dare lustro alla sagra di Foxi, insieme ad altri volonterosi.
Già si era pensato ad una migliore sistemazione logistica e la festa venne quindi spostata nell’area attualmente adibita a parcheggio dell’albergo, qualche decina di metri sotto la Strada Statale. Con l’usuale entusiastico incitamento di Mario Fox, usando tavoli e sedie di fortuna, venne accolta una piccola folla e distribuito il risotto.
Risotto previamente preparato nella cucina dell’albergo.
Insieme al risotto ha sempre fatto parte del programma il Vaso della Fortuna, rituale ereditato dalla preistoria della sagra, foriero di inaspettate felicità per tutta la brava gente.
La Signora Dolores Nicolini si prese in carico il Vaso della Fortuna fin dall’inizio.
E fu sera, e fu mattina.
EVOLUZIONE
Per un periodo considerevole di tempo, pressappoco fin verso il termine degli anni 80, la sagra si è svolta nell’area del parcheggio sopra menzionata, appoggiata alle strutture dell’albergo stesso.
Durante questa fase ci furono anche alcune apprezzate partecipazioni del Coro Pasubio.
Poi, non ricordo esattamente quando, “il circo” della sagra si è spostato in giù nella piazzetta al centro dell’abitato, andando ad occupare la sua sede attuale.
In concomitanza a questo spostamento, il programma si è arricchito di due importanti prestazioni : gli stroboj dolce tipico della Vallarsa e la festa danzante, raggiungendo così lo status attuale. La festa è quindi divenuta un evento con una sua precisa fisionomia, un momento di riunione, di socializzazione, di amicizia.
IL LAVORO
Quanto e quale lavoro, sudore e incazzature richiede la realizzazione della festa ?
Innanzitutto è importante considerare che la sagra non dispone di un suo spazio privato, come succede invece per altri luoghi più fortunati, spazio che permetterebbe di distribuire il lavoro preparatorio in più giorni.
Nel nostro caso gran parte delle cose devono essere fatte nel giorno stesso della festa, per non occupare oltre il lecito la piazzetta.
Come per tutte le feste esistono tre fasi di lavoro: il prima, il durante, il dopo.
Mentre il durante è visibile a tutto il pubblico, e penso sia superfluo descriverlo, il prima ed il dopo sono vissuti e conosciuti solo da chi partecipa al lavoro.
Proverò quindi a descrivere qui in poche righe l’ attività di queste ultime due fasi. Il prima consiste inizialmente con la gestione organizzativa del tutto, il malditesta di ricordarsi di tutte le cose da fare.
Settimane prima dell’evento si devono espletare una serie di adempimenti burocratici presso gli enti pubblici, seguiti dall’ordinazione di alimentari bevande e materiali accessori.
Non ultima la preparazione e distribuzione dei manifesti con l’annuncio della sagra.
Si continua il mattino della festa con l’installazione della pedana per il ballo sull’acciottolato della piazzetta, lavoro impegnativo per numero di persone e complessità del compito.
Contestualmente alla pedana si deve installare l’impianto di illuminazione, fatica piuttosto ostica in quanto non esistono attacchi luce nella zona adibita a ballo-e-musica.
Nel primo pomeriggio urge mettere in posizione tavoli e panche, nonché allestire le zone cottura risotto e stroboj, con fuochi, bombole, pentole, tavoli, e tutte le materie prime mangerecce e non.
Non ultima la preparazione del sugo con i funghi nella cucina dell’albergo.
E qui termina il “prima”.
Il dopo inizia a mezzanotte finito il ballo, con una bagarre paragonabile ai tempi supplementari di una partita, quando generalmente ai giocatori vengono i crampi alle gambe.
Una volta lanciato il perentorio ordine di stoop !!! alla musica bisogna liberare la piazzetta.
Questi sono i tempi supplementari. L’Armata Brancaleone di quelli che hanno lavorato tutto il giorno si mette di buona lena a togliere l’ambaradan dal suolo pubblico.
E’ anche capitato, di dover convincere una compagnia de foresti ‘mbriaghi che era venuta l’ora di sgombrare la piazza, e quindi poter recuperare il tavolo. Verso l’una di notte si spengono le luci. Foxi ritorna sè stessa.
Rientra nella sua quiete, nella pace incantata delle montagne incombenti. Sotto la cupola celeste, magicamente tempestata di diamanti, ci incamminiamo malinconici ma felici verso casa. La Luna, curiosa e discreta assiste benevolmente, spalmando sulla scena la sua magica morbida luce. C’è il silenzio, quello vero, cosmico, assoluto.
Verso le due di notte si prende sonno, rivisitando ad occhi chiusi la lunga giornata, il travaglio vissuto, ripensando alle cose fatte, alla gente incontrata ….
Ma il dopo non è finito.
Quando il sole, al mattino successivo scaccia la luna, ricomincia a girare la giostra del circo Foxi. Per liberare completamente la piazzetta si deve smontare la pedana, ed anche l’impianto di illuminazione. Rimangono tuttavia ancora da lavare le pentole, e da restituire alla Coop gli alimentari e bevande non consumati. Arrivederci l’anno prossimo
I COLLABORATORI
Il percorso della sagra, come ho tentato di spiegare, è stato negli anni lungo e laborioso. Attraverso un trentennio molti amici si sono dati da fare per aiutare la festa, residenti a Foxi ma anche nei centri circostanti: Raossi, Costa, Anghebeni.
Alcuni si sono offerti a titolo permanente, altri in particolari periodi e occasioni, tutti hanno contribuito a vario titolo, con grande senso di amicizia, a far crescere la sagra.
Abbiamo ricevuto preziosi aiuti, e continuiamo a riceverne da molte persone.
Per affetto e dovere di riconoscenza ho ricordato all’inizio i nomi dei padri fondatori.
Sarebbe bello nominare individualmente uno per uno anche tutti gli altri che si sono susseguiti nel tempo, ma mi riesce difficile farlo.
Temo di commettere ingiustizie dimenticando qualcuno.
Spendo le ultime righe per lanciare un amichevole appello a tutti quelli che volessero rendersi disponibili a dare una mano per portare avanti la sagra. In particolar modo ai bocia, per ringiovanire i ranghi, nella speranza di perpetuare nel tempo questa simpatica festosa tradizione, alla quale noi siamo condannati a voler bene.
Franco