domenica, novembre 09, 2008

IL PARADISO PERDUTO

IL PARADISO PERDUTO - Introduzione

Nel mondo occidentale, moderno, industriale di oggi il contadino non esiste più.
Oggi gli addetti all’agricoltura sono persone che siedono su una macchina e girano per i loro campi.
Per mezzo di ammennicoli vari, appendici del trattore, lavorano la terra senza scendere dalla macchina. Sono dei sedentari dell’agricoltura.

Il contadino, nel mio immaginario, è una persona che lavora la terra con le sue braccia.

Nel terzo mondo ci sono ancora i contadini, gli uomini che lavorano ancora la terra con le loro braccia. Le loro condizioni di vita sono molto varie in relazione all’ambiente in cui si trovano.
Noi li conosciamo un po’, genericamente, confusamente, attraverso la televisione.

I contadini io li vedo come quelli che ho visto in Romagna negli anni quaranta, sulle colline dell’appennino tosco-emiliano, e la loro immagine è rimasta scolpita nella mia mente e nei miei sentimenti. Uomini rocciosi, dediti al lavoro, solo al lavoro.

Io provo un sentimento di riconoscenza verso di loro. Sento di dovere qualcosa ai contadini romagnoli. In tempo di guerra, durante i bombardamenti su Milano sono stato da loro, nella loro terra, nelle loro case.
Ho vissuto con loro.
Dedico perciò a questi contadini una mia favola, fatta di realtà, ma con un finale surreale, immaginato al solo scopo di trovare una pietra di paragone alla loro sofferenza esistenziale.

UNA FAVOLA DI VITA REALE

Plasmati dalla terra
Il contadino nasce a otto anni.
A otto anni il padre gli mette in mano una zappa.
Le mani del ragazzo la sentono e capiscono che devono dilatarsi per avvolgere il legno in una morsa.
Le mani vogliono bene al ragazzo e fanno di tutto per aiutarlo.
Diventano grandi e forti.

Poi qualcuno mette sulle spalle del ragazzo fascine di fieno, di paglia, di legna.
Anche le spalle vogliono bene al ragazzo e cercano di assumere la forma adatta al compito.
La forma giusta somiglia al dorso dei muli e dei somari.
Le spalle si allargano e si arrotondano; si adeguano.

Il tronco e le gambe vorrebbero allungarsi ma si rendono conto che il ragazzo non guarda al cielo.
Guarda sempre la terra ed è in dialogo continuo con essa.
E’ l’oggetto esclusivo della sua vita.
Se gambe e tronco si allungassero renderebbero difficile la vita al ragazzo.
Sia le gambe che il tronco gli vogliono bene e preferiscono allargarsi invece di allungarsi.

A vent’anni il contadino è fatto, è completo, è uomo plasmato per lavorare la terra con le sue braccia.
Ora lui sa tenere e dominare l’aratro, far navigare la lama dell’aratro sotto terra, e rivoltare sotto sopra le zolle della sua terra, della sua dura terra.

Nasce la famiglia
Un giorno il giovane contadino porta le mucche al pascolo su per i monti della valle.
In una dolce conca erbosa e fiorita il contadino incontra una pastorella con le sue pecore.
L’incontro è fatale.
Il contadino s’innamora all’istante della pastorella e decide di fargli fare un figlio, subito.
La pastorella apre la bocca per pronunciare qualcosa :
poteva essere un no, oppure un si, oppure un ma……….non si sa.

Le mani extra-large del contadino chiudono il discorso sul nascere.

Dopo, subito dopo, il contadino chiede alla pastorella : come ti chiami ?
Lei risponde : Io mi chiamo Donna e tu ?
Il contadino : Io mi chiamo Lavoro
E’ così nata una nuova famiglia.

Lavoro e Donna metteranno al mondo molti altri figli, utili alla famiglia contadina, braccia necessarie per lavorare la terra e sopravvivere.

Presa di coscienza
Lavoro e Donna, dopo anni, hanno una famiglia fatta, con un ultimo pargolo ancora in fasce.
Nel tempo hanno sperimentato la durezza della vita contadina in tutti i suoi aspetti.
Sono passati attraverso il lavoro massacrante, le malattie, le carestie, le morie del bestiame, le annate senz’acqua, le piene del fiume e molti altri ostacoli della vita.
Sul loro volto sono scolpite indelebilmente le fatiche ed i sacrifici trascorsi.
La pelle bruciata dal sole e le profonde rughe che attraversano il viso raccontano la storia della loro vita, il contributo di fatica che hanno dovuto versare alla madre terra.

Un giorno Lavoro e Donna si guardano in faccia e si interrogano :

ma chi è che ci ha cacciati dal Paradiso Terrestre ?
e perché ci hanno cacciati ?
abbiamo fatto noi qualcosa di male ?

Lavoro e Donna decidono di chiedere ragione di ciò a qualcuno che se ne intende.
Decidono di recarsi alla Pieve per porre la domanda al Signor Curato.
Oppure, nel caso lui non ci fosse, chiedere almeno al campanaro.
Dovrà pur sapere qualcosa anche lui.

Lavoro e Donna si incamminano quindi verso la Pieve, con il pargoletto al seno della mamma.

La Pieve
Al di la del fiume e dopo aver scavalcato una collina, Lavoro e Donna giungono alla Pieve.
Entrano timorosi in chiesa, si guardano intorno con circospezione e non c’è nessuno. Vanno a vedere in sagrestia : nessuno anche li.
Escono, girano intorno alla chiesa, entrano nel piccolo cimitero, poi nel campanile: nessuno.
Ritornano dentro alla chiesa e si mettono a girare ed osservare con grande rispetto e devozione tutti gli angoli del tempio.
Pare che non ci sia nessuno.

L’incontro
Ma, non è vero; qui c’è qualcuno.
E’ un crocefisso appeso al muro.
Un crocefisso a dimensione umana, appeso ad altezza d’uomo.
Anzi, no, appeso ad altezza di contadino.

Lavoro e Donna si avvicinano al crocefisso.
Il viso di Cristo è solamente una spanna più in alto di quello di Lavoro, essendo Lui appeso al legno della croce.

I due, timorosi, si approssimano sempre più alla Croce.
Scrutano il volto di Cristo, lo guardano con stupore, dilatando gli occhi,.
Anche Cristo muove la testa in giù verso di loro, avvicinandola al loro viso.
Lui li guarda, li fissa con occhi amorevoli, pietosi.
Si osservano reciprocamente con grande meraviglia, sfiorando i loro visi.

Lavoro e Donna vedono nel volto di Cristo uno di loro.
Si riconoscono in Lui.
Si identificano in Lui. Hanno incontrato uno di loro.

Lavoro e Donna cercavano la Porta per ritornare al Paradiso Terrestre ed invece hanno trovato una croce come quella che stanno portando loro.

Rimangono a lungo, stupiti, ammutoliti a scrutare il volto di Cristo.
Non riescono a staccare i loro occhi dal fratello inaspettatamente incontrato.

Poi, Lavoro mette una mano sulla spalla di Donna.
I due indietreggiano, adagio senza togliere il loro sguardo dalla Croce, e si avviano piano, quasi furtivamente, verso l’uscita, seguiti dallo sguardo amorevole di Cristo.

Escono dalla Pieve e si avviano in silenzio, attraverso i campi.
Stanno tornando alla loro croce quotidiana.

Franco Valsecchi

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