giovedì, ottobre 02, 2008

POLIEDRICITA’ DELLA VITA

Vita improntata alla norma, nel rispetto della forma.
Vita con il culto della celebrità, pensando che dia felicità.
Vita in cui la meta ideale, è poter sconfiggere il male mondiale.
Vita all’insegna della fuggevole bellezza, unita al gusto artistico ed al sogno dell’eterna giovinezza.
Vita da geniali Registi, inventori di film allegri o tristi.
Vita cercando, spasmodicamente, di evitare guai, che, nostro malgrado, non mancano mai.
Vita dedicata all’insegnamento, d’arte, cultura e comportamento.
Vita da Chirurghi e Dottori, atti al recupero d’organi vitali e cuori.
Vita da Prelati e Sacerdoti, salvando anime ed estraendo, da ognuno, buone doti.
Vita da Ladri e Banditi, che, nel far del male, male son finiti.
In tutta la vita, ognuno ha subito delusioni, ha cercato felicità in grandi emozioni, nonché, in piccole trasgressioni.
Ha dedicato, piacevole tempo alle sue Passioni, ha dovuto, Sempre, espletare i doveri delle sue mansioni.
Ha anelato: Dolcezza e Buoni Sentimenti, avute da chi aveva generose menti.
Ha lottato contro imbattibili Mulini a Vento, appostati in ogni impensato momento.
Ha cercato di evitare ulteriore Sofferenza, avendone subita a Sufficienza, nel corso della sue esistenza.
Ha sperato in bilance dai giusti pesi, aspettando, magari… ore … giorni… anni o mesi.
Ha implorato la Giustizia umana, di non essere disuguale e spesso strana.
Ha agognato di raggiungere la perfezione, da tutti ambita e gradita; ma… Utopia… o Immaginazione?
Ha chiesto che, con carità cristiana, qualcuno la consolasse, per non ricadere ancora in una “Impasse”.
Ha fatto, generosamente, volontariato; lavorato, donato, aiutato, incontrando nell’amato Prossimo, anche quello ingrato. Orticello, Campo, Aiuola e Prato, per ogni dove, l’aratro ha solcato, tutti, il proprio possibile Contributo hanno dato Ognuno con contenta stima, dovrebbe sentirsi, serenamente realizzato, anche se sconosciuto e non emerso alla grande, in un Universo, per tutti, troppo grande.

Lucia Valsecchi - Cinisello Balsamo (MI)

LUNA, ASTRO SPLENDENTE

Luna, simpatico astro splendente
Volge a te lo sguardo affettuoso tutta la gente
Sguardo beato verso tutto il creato.

Il cielo illuminato dalla tua tonda forma
Che è notte ci dice. E’ notte di certo, c’informa.
Le stelle d’ogni tipo sparse
Tappezzano il cielo con le loro comparse
Gratuito spettacolo,
Di un grandioso stupendo miracolo.

Immaginiamo che da lassù
Tu possa vedere tutti noi quaggiù
Il melograno e il pero che stanno per maturare
Una mamma che un figlio alla luce stà per dare.

Le nostre vicissitudini, tutte tu vedi
Insieme alle nostre misere ingratitudini
Tu vedi i bimbi denutriti, fin dalla nascita patiti
Lasciati soli, con aiuti troppo piccoli
Molte volte loro si potrebbero salvare
Anche solo con pochi spiccioli
Non disdegnassimo noi tutti di aiutare.

Tu vedi gli occhi dei Tuareg, blu e bianchi
Con i loro cammelli, nel deserto, assetati e stanchi
Con madri e giovin spose
Adagiati come d’uso nelle loro pose
Nell’ombra di un’oasi provvidenziale
Per abbeverarsi e proteggersi dal male.

Tu puoi vedere i grandi e ricchi Cresi
Nei loro harem pigramente distesi
A godere immensi superflui onori
Grazie ai loro conquistati tesori

Tu puoi veder pur anche gli ammalati
Sofferenti, nei loro letti allineati
Assistiti da infermieri e dottori
Amorevoli, premurosi, attenti ai loro dolori

Tutto questo ed altro tu puoi vedere, o dolce pallida Luna
Quando il sole del giorno ti nasconderà
Celerai al mondo tutte le tue pene
Augurando a noi, benevola, ogni bene


Lucia Valsecchi, 4 giugno 2008

LA SOLITUDINE

LA SOLITUDINE

Quando l’animo è in pace
e tutto tace,
una domanda viene,
e rispondere conviene.

Soli si nasce, soli si muore,
passano le ore,
è tua la vita,
incrocia sempre le dita,
ti sorregga la fortuna,
dallo spuntar del sole,
fino a quello della luna.

La ricchezza dei pensieri,
infiniti, profondi e veri,
è la nostra compagnia,
non gettiamoli mai via.

Un momento per meditare,
un altro per progettare,
evitando soprattutto di sbagliare,
nel dire e nel fare.

Quante idee nella mente,
quante cose e quanta gente,
quanti fiori e quanti frutti,
li conosceremo mai tutti?

Quanti alberi e quanti boschi,
a volte anche pensieri foschi,
ma la vita è anche bella,
scongiuriamo ognor la Jella.

Andar per montagne e sentieri,
scacciando pensieri neri,
la natura è una meraviglia,
sorge dalla terra come sua figlia.

Tutto ciò che è stato creato,
non per obbligo, e a noi donato,
non sempre vederlo sappiamo,
incapaci, lo ignoriamo.

Siamo spesso superficiali,
tutte le cose ci sembrano uguali,
ma una rosa scarlatta,
una donna che allatta,
un gesto d’affetto,
di una coppia a braccetto,
sortiscono sempre un bell’effetto!

Suonano a distesa le campane,
scandiscono le ore,
guardiamoci intorno con gli occhi del cuore,
insieme con le ali della saggezza,
tutto sarà bellezza,
anche la solitudine,
diventerà dolce consuetudine.

Aprile-2004 Lucia Valsecchi

Ricordo di Lucia

Mercoledì 16 Luglio è deceduta mia sorella Lucia, 69 anni.

Eravamo quattro di cui io il primogenito. Siamo rimasti in due, io e Peppino
Marta (Suor Saveria), la seconda, è mancata a Santiago del Cile nel giugno del 2000
Lucia era la terza.
Il quarto è mio fratello Peppino.

Nei miei ricordi dell’infanzia Lucia era una bellissima bambolina bionda.
Nell’autunno 1942, noi quattro con la mamma sfollati da Milano causa i bombardamenti,
siamo rimasti sulle colline dell’Appennino emiliano, fino a dicembre 1943.
Eravamo nella valle del fiume Sillaro, che scende in pianura attraversando la Via Emilia a Castel San Pietro Terme.
Nel 1944, ultimo anno di guerra, a Milano, Lucia aveva 5 anni ed io ne avevo 11.

Lucia, ovviamente giocava con la bambola.
Io avevo imparato ad usare il traforo (hobby popolare allora) per creare piccoli oggetti di legno compensato.
Lei mi ha dato l’occasione per costruire piccoli mobiletti per la “casa della bambola” di Lucia.
Il tavolo le sedie l’armadio ecc.
Attraverso gli anni Lucia mi ha sempre ricordato questi episodi di vita. Di quando io gli fabbricavo i mobili per la casa della sua bambola.

Con un grande balzo nel tempo passiamo al pomeriggio di venerdi 18 luglio scorso, al funerale di Lucia
nella nostra bellissima chiesetta Don Bosco.
Al termine della cerimonia, prima che venisse portata fuori la bara,
si è presentata a me una signora che non conoscevo.
Ha detto di essere una collega di lavoro di Lucia. Di averla conosciuta dal momento in cui Lucia, ventenne, era stata assunta nell’azienda, e di voler leggere dall’altare una poesia scritta da Lucia negli ultimi anni di lavoro.
Ovviamente gli ho detto che poteva farlo.

La poesia, dal titolo “Solitudine”, è bellissima, commovente.
C’è stato anche l’applauso finale, più che mai spontaneo.
Lucia ha scritto una quantità imprecisata di poesie, forse una cinquantina.
Questa non la conoscevamo.
All’uscita dalla Chiesa ho contattato la signora e conto di poter avere il testo.
Sicuramente lo distribuirò a tutti gli amici, via email.

Ciao a tutti
Franco

Di Pietro–l’alfiere

In temp de guera ghe pusè ball che tèra
Così dicevano quand’io ero un ragazzino.
Mi seri un fiulot, e ghera la guèra.
Pare a mè che non sia cambiato molto.
Cominciamo a parlare di Antonio Di Pietro, baldanzoso giustiziere senza macchia e senza paura,
a viso aperto, non Zorro il mascherato.
Di Pietro, coraggioso giudice anni novanta (non stò ironizzando) alfiere del pool-mani-pulite
divenne leggendario facendo fuori tutti i gerarchi DC e PSI, smerdandoli davanti alla televisione.
Guadagnò miliardi (in lire) facendo conferenze intorno al mondo.
Tentarono di demolirlo e allora lui, in modo teatrale, si levò la tonica da giudice davanti alla Tv e si diede alla politica.
Purtroppo per lui non era un animale politico.
Non ebbe coscienza del potere mediatico che aveva raggiunto.
In quel momento avrebbe potuto fondare il partito di maggioranza.
Pensò invece di dover trovare asilo e protezione presso un partito che lo ospitasse.
Chiese quindi a D’Alema un posticino.
Felicissimo D’Alema gli diede un ufficio con tanto di segretaria, e lui inizio la sua carriera politica.
Adesso è maturato politicamente: è diventato un vero animale politico, non di nascita ma di mestiere.
E come tale nun-gliene-po-fregà-ddemeno del presente e del futuro del Bel Paese.
Visto che il WalterWeltrone, scoglionato dalla banda di svanverati che allignava nella coalizione di sinistra decise di scaricare i mostriciattoli della falce-e-martello
di abbandonare l’antiberlusconismo come unica ideologia politica
e sostituirlo con un progetto politico genuino e propositivo.
l’Antonio di pietra dice allora tra se e se:
Il WW ha scaricato gli antiBerlusc, che sono tanti, e allora me li prendo io,
e poi vediamo chi fa più voti la prossima volta tra me e WW.
E così ricomincia la vecchia sinfonia italiana.
Il WW capisce che rischia di essere impallinato dai suoi e ritorna ai vecchi refrain.
O il Governo si ferma e la smette di fare il decisionista oppure è guerra dice Weltroni
Che vuol dire:
bisogna fare la concertazione,
bisogna fare il governo assembleare che non decide niente,
bisogna far comandare la magistratura
bisogna fare il governo degli invertebrati.
Siamo arrivati ai ferri corti.
Ricomincia la guerra inconcludente delle parole
Il pericolo è quello di impantanarsi ancora nel nonfargnentismo
Vedremo come la pensano gli italiani
Vedremo se vogliono un governo che decide e governa
Oppure preferiscono
Le garanzie democratiche
Le frontiere sbracate
La monnezza
I no-TAV
I no-global
I no-nuclear
I cortei stradali in difesa dell’aria fritta
Saluti affettuosi a democratici e antidemocratici
da
Franciscofranco














































Gli Zingari

Chi del Gitano i giorni abbella ?
La Zingarella
La Zingare – eellà !!!
Una volta c’era Giuseppe Verdi e c’erano gli zingari e le zingarelle.
Adesso ci sono i Rom. Tanto per fare un po’di confusione.
Questi che abbiamo sono ancora gli Zingari, i quali non hanno mai voluto fare una vita stanziale come noi.
A loro piace la vita di nomadi.
Non ho mai capito di che cosa vivono. Ho meglio, non sono sicuro di aver capito.
Da quando l’umanità è passata dalla caccia all’agricoltura l’uomo è divenuto necessariamente stanziale.
L’agricoltura mobile non è mai esistita.
Il passaggio all’industria ha creato solo i pendolari bergamaschi. Avanti e indré dalla Valle Brembana alla Falck di Sesto SG.
I nomadi non pendolano, fanno gli zingari.
I governanti, attraverso tutte le epoche, hanno sempre voluto sapere quanti sudditi possedevano, ed anche chi erano.
E allora un giorno hanno preso un amanuense e gli hanno fatto inventare l’anagrafe.
Da quel momento siamo stati tutti schedati, i vivi ed i morti.
La nostra identità è basata su nome, cognome, paternità, luogo e data di nascita e, importantissimo, il luogo di residenza. Adesso c’è anche il codice fiscale (e lo si deve usare), la patente, il libretto di circolazione ed altro.
Ma tutto questo è democratico.
La residenza è importante perché è l’unico dato verificabile.
Uno senza fissa dimora può dichiarare di essere Napoleone e nessuno è in grado di contestarlo, per la semplice ragione che non esiste chi possa testimoniare. Non c’è una portinaia, un vicino, un’osteria dove lo conoscono.
Gli zingari, che io sappia, non hanno luogo di residenza e non vogliono averlo,
altrimenti non sono più zingari.
Non ho mai capito in quale modo gli zingari siano identificabili.
Anche i bambini degli zingari sono un rebus: comprati, rubati o fatti in casa ???
Adesso sento parlare di zingari che vogliono una casa, e di Comuni disposti a dargliela.
Polemiche pro e contro per le case agli zingari !!!!.
Ma che bella confusione !!!
Io sono contento se gli zingari si fermano, però devono dare le dimissioni dal ruolo di zingari, capito ?!
Il Ministro Maroni, che ne aveva pieni i medesimi, prende le impronte digitali a Zingari Gitani e Zingarelle, anche per evitare che siano loro a prendere lui per il culo.
Apriti cielo, non l’avesse mai fatto !!! Almeno Hitler li gasava gli zingari, ma lui il Maroni, sadico, li tortura, li fa soffrire. I polpastrelli nell’inchiostro !!!! Che orrore.
Questi adesso si vergognano anche ad andare in Metropolitana a mendicare.
I bambini zingarelli allora, invece di piangere, se ne fregano e succhiano il latte dalla mamma.
Hanno imparato a fare sciopero. Non aiutano più la mamma a prendere l’elemosina.
I giornalisti (carta e TV) trattano gli zingari come una stirpe, una razza, una etnia, un vattelapescachecacchio d’altro.
Li capisco, i giornalisti, loro devono scrivere ogni giorno qualunque stronzata per poter campare.
E allora tirano fuori il razzismo ed un sacco di altre palle.
Capisco anche gli antiBerlusc. S’attaccano dove possono.
Bisogna comprenderli e non sparare sulla Croce Rossa.
Capisco meno quelli di Famiglia Cristiana che si sono messi sulla stessa scia
D’altronde so benissimo che Beppe Del Colle, uomo simbolo di Famiglia Cristiana, è anche lui un antiBerlusc.
E’ l’italianissima eredità culturale del Cattocomunismo.
Il TG3 ci ha mostrato come sono trattati bene in Belgio gli zingari.
Se ricordo bene ce ne sono 40 mila a Bruxelles e hanno fatto amicizia con la gente.
Bisogna vedere come giocano insieme i bambini zingari belgificati e i bambini belgici zingarellati !!!
Il TG3 li ha mostrati come un bellissimo esempio di integrazione razziale.
Cioè la razza Belga e la razza Zingara si sono fuse. Ormai ci sono un sacco di Belgici che vanno in giro a chiedere la carità e leggere la mano.
Però mi viene un dubbio: è divenuta nomade la città di Bruxelles, cioè l’hanno montata su dei caravan oppure sono diventati stanziali gli zingari belgi ???
Hanno tolto le ruote ai loro caravan ???
Insomma, sti zingari belgi fanno ancora gli zingari oppure vanno a lavorare ???
Per caso, qualcuno di loro è anche andato a lavorare nelle miniere di Marcinelle ???
Con immutabile affetto stanziale
vi saluta tutti
vostro Franciscofranco