venerdì, novembre 04, 2005

Turchia in Europa

La Turchia è in lista d’attesa, da diversi anni, per entrare nell’Unione Europea.
L’ingresso nell’UE della Turchia è visto dagli Stati europei in modo conflittuale. Esistono ragioni pro e contro l’entrata della Turchia.
La Turchia è diventata uno stato formalmente laico nel 1923, per merito del dittatore Kemal Ataturk.
Ataturk ha fatto adottare alla Turchia il nostro calendario (gregoriano), il nostro alfabeto (latino), la monogamia, la separazione del potere religioso dal potere politico, ecc, un balzo formidabile verso il mondo occidentale. Un evento unico nella storia delle nazioni.
Membro della NATO fin dal 1952, la Turchia ha costituito un formidabile bastione difensivo nello schieramento anti-URSS. Ora chiede all’Occidente che gli venga riconosciuto questo merito.

Da un punto di vista commerciale la Turchia rappresenta una notevole area di sfogo per l’industria europea, vale a dire un mercato con un territorio vasto più del doppio dell’Italia ed una popolazione di 67 milioni di abitanti ad elevato tasso di crescita.

Di segno opposto al suo ingresso in Europa c’è il fatto di essere al 99% costituita da individui di religione mussulmana, che entrando a pieno titolo in Europa acquisirebbero automaticamente il diritto ad emigrare liberamente negli altri 25 Stati membri dell’UE. Stati membri tutti di religione/cultura cristiana. Situazione totalmente nuova per l’Europa.

Il dilemma per il futuro è questo: cosa potrà succedere in Europa con questo rimescolamento religioso/culturale ? Rimescolamento peraltro in totale contrasto con la storia europea.
Esiste una dolorosa esperienza fatta dalla Yugoslavia, dove la convivenza di cristiani e mussulmani è sfociata in una tragedia.

Gli ottimisti (qualunquisti ?) preferiscono pensare che l’entrata dei turchi in Europa possa favorire un, per così dire, annacquamento, una europeizzazione della loro cultura islamica, e quindi la vedono come una opportunità, in alternativa ad una ghettizzazione, se la Turchia non venisse accettata.

Quella di accettare la Turchia “nella fiducia” sarebbe però una scelta a fondo cieco, dico io.

Personalmente penso che la Turchia dovrebbe essere si accettata in Europa, ma con uno statuto speciale relativamente alla libertà di emigrazione verso i rimanenti Stati Europei.

Vale a dire con una clausola dove l’immigrazione dei turchi fosse ancora soggetta alle decisioni dei singoli Stati riceventi, liberi ognuno di decidere se aprirsi parzialmente o totalmente, ed in ogni caso di poter contingentare di anno in anno gli ingressi.
Questo permetterebbe ai singoli Stati di verificare nel tempo l’effetto della coesistenza tra cristiani e mussulmani, e di poter variare di conseguenza, a loro scelta, il flusso immigratorio.

Questo permetterebbe alla Turchia di poter fruire di tutti i vantaggi economici derivanti dal far parte dell’UE, senza peraltro creare allarmi di natura etnica in Europa.
====================================================================
NOI E L’ISLAM


Penso di non scoprire alcunché dicendo che tra noi cristiani e l’Islam ci sia incomunicabilità.
E’ una vicenda millenaria dove i torti perpetrati sono reciproci, e non ha senso voler stabilire chi ha avuto più colpe.
La disistima e l’antipatia degli uni verso gli altri è altrettanto reciproca e perenne.
Una delle dimostrazioni più chiare di questa incomunicabilità ci viene, a mio parere, dalla storia della Spagna. I musulmani hanno regnato in Spagna per ottocento anni senza lasciare tracce di sentimenti religiosi musulmani nel popolo spagnolo.

Però fino a qualche secolo fa non esisteva un problema che invece esiste oggi:
il mondo cristiano, o meglio la cultura del mondo cristiano, cioè del mondo occidentale,
oggi ha preso il sopravvento su tutte le altre culture.
Noi quasi non ci accorgiamo di questo fatto, perché siamo all’interno della cultura vincente.
Gli altri, quelli esterni, ne sono certamente più consapevoli.
Le culture non occidentali, o sono state distrutte, vedi quelle precolombiane, o sono in via di estinzione (Cina, India, ecc) o sono estinte da tempo, vedi il Giappone.

Fa eccezione l’Islam, che pur resistendo è però accerchiato. I musulmani infatti non possono fare a meno di usare una molteplicità di simboli, tecniche, prodotti occidentali, quanto meno per poter comunicare con il mondo a loro esterno, anche quando l’interlocutore è giapponese, cinese, indiano.
Infatti il calendario è quello Gregoriano, l’alfabeto è quello latino, la lingua è quella inglese, il telefono, il cinema, la radio, la televisione, il computer ecc. sono occidentali.
Senza contare che anche i musulmani usano quanto mai volentieri l’auto, l’aereo, i piroscafi e le miriadi di prodotti industriali e scientifici, inventati dall’occidente cristiano, comprese le armi.
Questa supremazia della cultura occidentale è odiata dal mondo islamico, che si sente schiacciato e sottomesso.
A questa avversione, dovuta alla supremazia culturale dell’occidente cristiano, si deve aggiungere, in certe aree del globo, l’odio dovuto a questioni politiche. Ma quest’ultimo non è un fattore costante; vedi la differenza che ci può essere tra Irak e Kuwait.

I musulmani però, anche quelli tranquilli che non fanno la guerra all’occidente, non accettano di farsi integrare culturalmente dall’occidente. Vogliono restare quello che sono.
Lo dimostrano anche nel loro aspetto più esteriore, cioè il modo di vestirsi. Nel resto del mondo nessuno mette più le palandrane che usano loro. Senza poi parlare dei loro usi e costumi sociali e dei loro regimi politici integrati nella religione.

Ovviamente la gamma dei sentimenti che albergano nel cuore dei musulmani è vastissima.
Quelli più tranquilli si limitano a difendere tenacemente questa loro identità culturale, dove la religione è centrale ad ogni aspetto della loro vita ed investe anche la sfera del potere temporale.

I fondamentalisti, all’altro estremo della galassia islamica, sono inoltre convinti che sia loro dovere fare la guerra a tutto ciò che non è Islam, non solo agli americani. Basti pensare alla statua di Budda distrutta recentemente dagli afgani (e per la quale hanno sofferto anche e soprattutto i cristiani/occidentali)
I fondamentalisti non sono dei combattenti per i diritti del terzo mondo, non si ergono a difesa dei popoli affamati dell’Africa. Anche la questione palestinese non è la motivazione principale del loro agire.

L’obiettivo della loro guerra è quello di far vincere l’Islam su tutto il resto del mondo, che in questo momento è primariamente l’occidente. Resto del mondo che viene identificato come l’incarnazione del demonio.

Ed un fatto importante e preoccupante sono i sentimenti popolari dei musulmani, che esulano dalle politiche dei loro governi. Sentimenti sui quali i politici possono fare ben poco.

Un esempio emblematico è quello verificatosi in Turchia durante la partita Lazio-Galatasarai il 12 settembre, giorno successivo ai fatti di New York, quando è stato fatto osservare un minuto di silenzio nello stadio. Il pubblico ha fischiato il minuto di silenzio mostrando di essere dalla parte dei terroristi.
La Turchia è da mezzo secolo nella NATO, ed è sempre stata considerata dagli americani un caposaldo militare fondamentale nello schieramento antisovietico.
Inoltre si noti che i Turchi non sono arabi, sono musulmani ma tra i più moderati.

Problemi analoghi ma molto peggiori esistono in Egitto, dove Nasser che ha fatto tre guerre ad Israele, perdendole tutte e perdendo il Sinai, è morto (nel suo letto) da eroe, osannato dal popolo.
Il suo successore Sadat che ha fatto la pace con Israele e ottenuto la restituzione del Sinai è stato ammazzato dai fondamentalisti islamici dell’esercito. Ora Mubarak, un moderato, deve stare attento a come si muove se non vuol fare la fine di Sadat.

Franco Valsecchi

Nessun commento: