I
Navigli sono lunghi circa 150 km e interessano il territorio compreso tra il Ticino,
l'Adda, i laghi prealpini e il Po. Le loro acque irrigano migliaia di ettari di
pianura e lungo le loro sponde corrono i principali itinerari dell’area
metropolitana milanese.
Allo
svantaggio di esser priva di un fiume navigabile Milano aveva rimediato
costruendo il sistema dei Navigli (Naviglio Grande e di Bereguardo 1151-1457,
Naviglio della Martesana e di Paderno 1457 -1770 e Naviglio e Navigliaccio di
Pavia 1350-1819).Tale sistema aveva una funzione:
IRRIGUA, di NAVIGAZIONE, DIFENSIVA ed ENERGETICA.
Cerchia Interna
Naviglio Grande
Naviglio di Bereguardo
Naviglio della Martesana
Naviglio di Paderno
Naviglio di Pavia
GITE in barca GIORNALIERE da Milano a Gaggiano e ritorno
da aprile a settembre tutti i giorno, da ottobre a marzo i festivi
, soltanto su prenotazione. Grazie all’Istituto per i Navigli / Associazione
Amici dei Navigli un piccolo sogno si è avverato. Si tratta di un tragitto
reale, a filo d’acqua che, a bordo dell’imbarcazione Viscontea, un battello a
pannelli solari e a motore elettrico, sponsorizzato dal Gruppo GS Supermercati
S.p.a., e gestito dalla Società Darsena S.r.l., per 24 passeggeri, prende il
suo avvio dalla Darsena per imboccare successivamente il Naviglio Grande. Sulle
sponde di questo piacevole viaggio a filo d’acqua, si affacciano importanti
opere di interesse artistico - culturale, tra le quali Chiese, ville, cascine e
si costeggiano lunghi tratti di piste ciclabili. Il paesaggio di campagna è piacevolmente
interrotto dalla presenza di piccoli centri cittadini che, con i loro nuclei
caratterizzati da una quiete alla quale noi cittadini milanesi ci siamo
disabituati, danno una nota originale al percorso. Le luci, i colori, il dolce
fruscio delle acque ci trasferiscono in un universo fatto di bei ricordi, di
atmosfere dimenticate, di ritmi rallentati.
L'IDROVIA LOCARNO - MILANO - VENEZIA
L’istituto
per i Navigli da più di dieci anni porta avanti progetti di valorizzazione dei
Navigli milanesi e pavesi, di cui un grande obbiettivo è il ripristino della
navigazione da diporto e passeggeri dal lago Maggiore a Milano e da Milano
alla laguna di Venezia per ricollegare il lago Maggiore al mare Adriatico
passando per Milano, restaurando le conche di memoria leonardesca. “Il mare-
dicevano a Porta Ticinese- è un naviglio senza sponda”, ed in questa immagine
irreale si riflette l’aspirazione massima di Milano: costruire un canale
navigabile che colleghi Locarno - Milano - Pavia - Venezia. L’incantevole via
d’acqua, di 550 km, esiste già ed è tutta a cielo aperto (fiume Ticino, Canale
Industriale, Naviglio Grande, Naviglio di Pavia, Ticino, Po). Per renderla
nuovamente attiva al turismo nautico da diporto è necessario ristrutturare
numerose conche, costruirne di nuove e ricostruire i ponti per consentire il
passaggio delle barche. Il progetto dell'idrovia Locarno - Milano - Venezia è
stato presentato agli Enti interessati, nel Marzo del 1998 a Milano e
nel Maggio 1999 a Locarno/Arona (é promosso da un Comitato Promotore, di
cui fanno parte: il Comune di Locarno, il Comune di Milano, il Comune di
Venezia, la Regione Lombardia, l’Intesa Interregionale di Navigazione Interna,
l'Azienda Regionale per la Navigazione Interna - Regione Emilia Romagna,
l’Azienda Regionale per i Porti di Cremona e Mantova, il Consorzio del Canale
Milano - Cremona - Po, la Comunità Padana delle Camere di Commercio, Industria,
Artigianato e Agricoltura, l’Istituto per i Navigli / Associazione Amici dei
Navigli e la Gestione Navigazione Laghi, Associazione Locarno - Venezia).
L’itinerario è stato illustrato dai primi di aprile fino ai primi di giugno del
2001 all’interno della mostra presso il Castello Visconteo di Pavia dal titolo
“In viaggio sui Navigli” Locarno - Milano - Pavia - Venezia, 300 miglia di vie
d’acqua. Il
sogno dei milanesi di rimediare al difetto
fisico di non avere un fiume che lo congiunga al mare è tutt’altro che una
chimera. Lo ha testimoniato a Pavia la ricchezza e varietà di documenti
storici, artistici, fotografici e idraulici, il susseguirsi di immagini che,
più delle parole, raccontano il lavoro dell’uomo in una regione dove i corsi
d’acqua sono stati per secoli alla base del suo straordinario sviluppo. E’ un
viaggio tra memoria storica e realtà di oggi, progettualità e desiderio: un
itinerario sull’acqua che attraversa paesaggi suggestivi, opere idrauliche
straordinarie, che lambisce architetture di grande valore in un territorio che,
per varietà di culture e tradizioni, è forse unico al mondo.
Finalmente,
tra il 2 e il 9 maggio 2003, si è svolta la manifestazione "In viaggio sui
Navigli. Discesa in barca per il recupero dell’Idrovia Locarno-Milano-Venezia.
Passaggio a Nord Ovest": cinque imbarcazioni, con a bordo rappresentanti
della stampa, della televisione e autorità, hanno percorso quell’antico e
suggestivo sistema di canali che da Locarno porta a Venezia, passando
per le più belle città d’arte e cultura del Nord Ovest: Luino, Arona, Milano,
Pavia, Piacenza, Cremona, Ferrara e Chioggia, senza dimenticare alcuni dei
centri minori che si affacciano sull’idrovia. Un viaggio affascinante, ma anche
un’occasione per individuare gli ostacoli su cui intervenire e i restauri da
effettuare per riattivare l’idrovia, che non è ancora completamente navigabile.
Una
serie di eventi (feste
in piazza, biciclettate, conferenze) hanno accompagnato da "terra"
l’arrivo delle imbarcazioni, a sottolineare la valenza culturale e
turistica della navigazione.
Mostra "In Viaggio sui Navigli"
Nelle sale del Castello
Visconteo di Pavia (Viale XI Febbraio – Pavia – orari: da martedì a
venerdì: 9.00 - 13.30, sabato e domenica: 10.00-19.00, chiusura lunedì) dal 7
aprile fino al 3 giugno 2001 si apre al pubblico la mostra. “In viaggio sui
Navigli” Locarno - Milano – Pavia - Venezia 300 miglia di vie
d’acqua.
All’inizio del Seicento il
Governatore spagnolo di Milano, Don Enrique de Acevedo, conte de Fuentes,
annunciava con orgoglio il collegamento via acqua da Milano a Pavia e da Pavia
al mare, in un’iscrizione latina che campeggiava nel Trofeo eretto sul ponte
all’imbocco del Naviglio di Pavia, alla Darsena di Milano. I milanesi avrebbero
però dovuto aspettare due secoli perché il Naviglio diventasse realtà,
grandiosa opera idraulica che Napoleone aveva rimesso in attuazione, ma che fu
poi completata e inaugurata (1819) dagli austriaci. Il sogno dei milanesi di
rimediare al solo difetto fisico della loro “capitale”, di non avere cioè un
fiume che la congiunga al mare, è quindi antico e ricorrente. Ma tutt’altro che
una chimera. Lo testimonia, con ricchezza e varietà di documenti, storici,
artistici, fotografici e idraulici, una mostra che ripercorre, nelle
sale del Castello Visconteo di Pavia, le molte tappe di questo
percorso. E’ un viaggio tra memoria storica e realtà di oggi, progettualità e
desiderio: un itinerario sull’acqua che attraversa paesaggi suggestivi, opere
idrauliche straordinarie, che lambisce architetture di grande valore, in un
territorio che per varietà di culture e tradizioni, anche gastronomiche, è
forse unico al mondo. Una carrellata di grandi foto a colori e in bianco e nero
accompagnano il visitatore che, da Locarno a Milano, “scivola”
sulle acque del Lago Maggiore, del Ticino e del Naviglio
Grande; che segue la corrente del Naviglio Pavese da Milano a Pavia,
dove riparte con la scala di conche, capolavoro dell’architettura
idraulica dei primi dell’Ottocento, ancora via Ticino, alla volta del Po
per arrivare, lungo il più maestoso dei nostri fiumi, fino al Delta e da lì
a Venezia. Fanno da contrappunto a queste inquadrature di rive, ponti,
chiuse, scale di conche, mulini, opifici, grandi centrali idrauliche (tutte
situate lungo il corso della navigazione), quadri e fotografie storiche
dell’Ottocento e Novecento, che raccontano la vita e le attività che per secoli
hanno animato quei corsi d’acqua e le rive, importanti progetti di architettura
e di idraulica - da quelli di Giuseppe Meda a Carlo Parea,
direttore dei lavori del Naviglio di Pavia (1805-1819) - antiche mappe e
rare collezioni di vecchie cartoline. Dal Castello Visconteo di Locarno a
quello Sforzesco di Milano, sfilano nella memoria e davanti agli occhi opere
davvero uniche. A partire da quella scala di 6 conche (che in 2 chilometri
supera 23 metri di dislivello) sul Ticino, visibile proprio sotto il
Castello Visconteo che ospita la mostra. Per non dire delle Conche di
Tornavento, Vizzola e Turbigo che costituiscono il più grande impianto
idroelettrico d’Europa alla fine dell’Ottocento. E poi ville rinascimentali e
neoclassiche, una gran parata di architetture con pontili e approdi bellissimi.
Immagini che più delle parole raccontano il lavoro dell’uomo, in una regione
dove i corsi d’acqua sono stati per secoli alla base del suo straordinario
sviluppo agricolo e industriale, e il sistema di comunicazione più usato per il
trasporto di merci e passeggeri, pian piano abbandonato a totale (s)vantaggio
della strada. Ma oggi la navigazione turistica è, almeno in qualche tratto, già
ripresa: il servizio passeggeri funziona da tempo da Locarno ad Arona, ed è
diventato
una crociera culturale molto frequentata da Cremona a Venezia, sulle motonavi
Venezia e Michelangelo: dura 7 giorni, e tocca città come Mantova e Ferrara,
che furono le corti più raffinate del Rinascimento. E infine a Gaggiano si sale
sulla Viscontea, battello eco compatibile (motore elettrico e pannelli solari)
realizzato grazie alla sponsorizzazione del Gruppo GS che, silenzioso, risale
verso il porto di Milano, esempio di come la navigazione turistica sul primo
canale navigabile d’Europa (XIII e XIV secolo) possa diventare il più
rilassante dei loisir. Il biglietto d’ingresso alla mostra offre uno sconto del
20 per cento per un viaggetto sulla Viscontea, per rivivere la meraviglia e
l’emozione provata da re, imperatori e duchesse nell’entrare a Milano per via
d’acqua. Il visitatore potrà inoltre osservare i disegni del fumetto di Martin
Mystére sulla storia fantastica di un viaggio lungo le acque lombarde
realizzati dall'Editore Sergio Bonelli. Un libro - catalogo, edito da
Skira, descriverà la formazione e la realizzazione del Naviglio da Milano a
Pavia e da Pavia al Ticino, nel quadro della navigazione dal lago Maggiore al
mare Adriatico, passante per Milano. Il tema della navigazione Locarno -
Venezia sarà oggetto inoltre di conferenze-incontro nel periodo della mostra,
per iniziativa degli Enti pubblici e con la partecipazione dei responsabili
delle istituzioni, aziende, consorzi e imprese interessate. Realizzata con il
contributo di: Fondazione Cariplo, Comune di Pavia, Provincia di Milano, Comune
di Locarno, Comunità Padana delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e
Agricoltura, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di
Pavia, Regione Lombardia, Associazione Locarno - Venezia, AEM Spa e ASSIMPREDIL
(Associazione Imprese Edili e Complementari della Provincia di Milano). La
mostra, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Confederazione Svizzera, ha
il Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri Italiano, dell’Istituto
Austriaco di Cultura a Milano(Österreichisches Kulturinstitut in Mailand), del
Centro Culturale Britannico (The British Council) e del Centro Culturale
Francese di Milano (Centre Culturel Francais de Milan).
Il museo delle
acque
La proposta di creare un Museo
delle Acque in Lombardia nasce dall'esigenza di dotare la Regione di spazi
attrezzati e gestiti per documentare l’origine e l’evoluzione del sistema
idrografico lombardo - che tanta importanza ha avuto nella economia e nella
cultura europea - e nel contempo per spiegare le ragioni della sua decadenza,
per informare sullo stato di salute e per contribuire alla sua rivalutazione
ambientale. Come luogo prescelto per insediare la prima sezione del Museo delle
Acque é la Casa del Guardiano delle Acque, ad Abbiategrasso, nel punto in cui
il Naviglio Grande piega in direzione di Milano.
CASCINA “GUARDIA SOPRA”
Riscoprire i Navigli
I navigli di Milano hanno ormai perso l’importanza che avevano un tempo, ma possono raccontarci interessanti pagine di storia ed aggiungere un tassello al grande mosaico del passato della città, un itinerario storico-turistico lungo i navigli a Milano o nei dintorni, inoltre, ci può far riscoprire luoghi molto belli e poco conosciuti. La Vettabia, un canale di cui rimangono solo pochi resti verso Via Ripamonti, ci svela subito la funzione principale che questi canali artificiali avevano; il suo nome deriva, infatti, dal latino "vectare", che significa trasportare. In età medioevale la cerchia dei navigli serviva soprattutto come difesa della città. Quando nel 1162 Milano fu distrutta completamente dagli attacchi di Federico I Barbarossa e delle città lombarde sue alleate, le mura furono ricostruite seguendo il tracciato ellittico dei canali originali. Ma presto le acque dei navigli assunsero una funzione importante per l’irrigazione delle campagne circostanti divennero anche vere e proprie vie di scambio e di commercio. Basta pensare che, in corrispondenza della Darsena o porto di Milano, convergono le acque che dal Lago Maggiore che scendono lungo il Ticino ed il Naviglio Grande e quelle che dal Lago di Como che finiscono nell’Adda, nella Martesana e nel Naviglio Interno. I 550.000 blocchi di marmo di Candoglia, utilizzati per la costruzione del Duomo, furono trasportati proprio attraverso i Navigli. La sicurezza della navigazione consentiva anche i viaggi delle persone, che li utilizzarono a tale scopo fino alla fine del diciannovesimo secolo.
Organizzate un
itinerario particolare legato al tema dell’acqua: conoscerete la vostra città
sotto l’aspetto della funzione e dell’importanza che questa risorsa ha sempre
avuto. Avete mai sentito parlare del "brellin"? E’ una cassetta di
legno che veniva usata dalle lavandaie per lavare: le acque dei navigli
servivano anche a questo. Lungo l’alzaia del Naviglio Grande esiste ancora oggi
un rimasuglio di questi antichi lavatoi, il Vicolo dei Lavandai che vale la
pena di visitare.
Raggiungete
poi la Darsena, un bacino lungo 750 metri, largo 19-25, profondo 1,5 metri, con
una superficie di 17.500 metri quadrati. Qui approdavano i barconi carichi di
sabbia e di ghiaia; si possono ancora vedere le banchine.
I navigli
rappresentavano anche un luogo di villeggiatura. La nobiltà e la ricca
borghesia costruivano le loro ville in riva al Naviglio Grande. A Cassinetta di
Lugagnano, a Robecco e a Castelletto di Cuggiono si possono ancora ammirare
queste costruzioni che si affacciano sul canale con l’imbarcadero.
Il percorso e le caratteristiche dei Navigli
Milano, trovandosi al centro
della pianura padana e pur non possedendo alcun fiume importante, è sempre
stata attraversata da numerosi corsi d’acqua che hanno caratterizzato la storia
del suo sviluppo urbano, agricolo, commerciale e industriale. La posizione
geografica della metropoli lombarda ha consentito la nascita di un sistema di
trasporto fluviale estremamente complesso sul piano dell’ingegneria idraulica e
delle vie di comunicazioni per acqua: il Lambro, l’Adda e il Ticino si buttano
nel Po e, quindi, nel mare Adriatico. Nacque così l’idea di allacciare il
sistema delle acque di Milano ai fiumi e quindi al mare, con dei canali
artificiali che servivano anche a prelevare l’acqua dei torrenti e dei
fontanili per irrigare e rendere fertili i terreni, sottratti alle paludi. Ecco
la grande idea di utilizzare i Navigli per la navigazione fluviale, protesa a
sviluppare il commercio e le vie di comunicazione alternative a quelle strade
di tipo medioevale infide, accidentate, lente, con collegamenti rapidi ed efficienti.
Il primo tentativo di creare un sistema di navigazione fluviale risale al 1179,
allorché si diede inizio allo scavo del Ticinello, un canale artificiale lungo
circa 50 km, che serviva per irrigare i campi, fornendo lo spunto per la
realizzazione del primo Naviglio “il patriarca di tutti i canali europei: il
Naviglio Grande” che collega Milano - Abbiategrasso - Turbigo - Tornavento -
Vizzola. Il Naviglio Grande esce dal Ticino in riva sinistra alla Casa della
Camera di Tornavento, a monte del comune di Nosate, e finisce nella darsena di
Porta Ticinese, a Milano. Sotto la Signoria dei Visconti, il sistema dei
Navigli milanesi fu studiato ed attuato da quando Galeazzo Visconti ebbe a
conquistare la città di Pavia. Il Naviglio Grande, per alcuni detto "il
Ticinello" (per la derivazione delle sue acque dal Ticino), giunse a
Milano a tappe prima fino a Gaggiano e, solo nel 1211, alle porte di Milano
presso il ponte di Sant’Eustorgio, all’altezza cioè dell’attuale Porta
Ticinese. Una completa navigazione del Naviglio fu possibile solo a partire dal
1272, quando furono conclusi i lavori di abbassamento e allargamento del fondo
e Milano fu collegata al Lago Maggiore, tramite il Ticino sopra Sesto Calende,
superando un dislivello complessivo di 34 metri senza l’ausilio di alcuna
conca. Ne conseguì un favorevole sviluppo dell’agricoltura e dei traffici
commerciali. Da Milano risalivano verso il Lago Maggiore e la Svizzera vini,
grano, sale e manufatti; a Milano giungevano carbone, legname, bestiame,
formaggi, fieno e, dal Lago Maggiore, marmi e graniti da costruzione. Per
collegare il laghetto di Sant’Eustorgio alla fossa interna di Milano, per il
trasporto delle pietre e dei marmi necessari alla fabbricazione del Duomo, fu
introdotta l’innovazione della "conca" ossia di un sistema che, con
l’utilizzazione di due chiuse, regolava la variazione del livello dell’acqua
per consentire alla barca di transitare e raggiungere piazza Santo Stefano. Nel
1603, la darsena e il vecchio lago di Sant’Eustorgio furono trasformati in
porto di Milano dal governatore spagnolo De Fuente; in questo specchio d’acqua
i milanesi facevano il bagno, pescavano e vedevano approdare i
"barconi" provenienti dal Ticino. Il trasporto fluviale consentì
anche un collegamento più efficace fra i diversi castelli posti a difesa della
Signoria, soprattutto, per quanto riguardava il trasferimento più rapido delle
truppe. L’acqua del Naviglio Grande veniva ampiamente utilizzata per
l’irrigazione
delle campagne circostanti e, quindi, per potenziare una florida coltura
agricola e del prato permanente o "marcita". Lungo il vecchio
Naviglio Grande si è sviluppato, tra il 1700 e il 1800, il singolare
insediamento urbanistico fatto di bellissime ville, dimore estive, palazzi e
giardini, castelli e cascine in località adatte per la villeggiatura dei
signori della città, particolarmente lungo il tratto fra Cuggiono e Gaggiano.
Vecchie case che si specchiano nell’acqua, antichi ponti di pietra, ricca
vegetazione rendono il Naviglio un ambiente ancora integro, da ammirare. Le
barche corriere, dette in milanese "barchètt", partivano da piazza
XXIV Maggio (darsena di Porta Ticinese), passando per via Lodovico il Moro,
Ronchetto delle Rane e raggiungere sulla destra Cesano Boscone (km. 9 da
Milano) e sulla sinistra Corsico (km. 7 da Milano), cioè i primi comuni esterni
alla città, onde portare i viaggiatori sino a Boffalora, ad Abbiategrasso e,
con deviazioni diverse, a Binasco e a Pavia. Durante il percorso i turisti
erano allietati da suonatori di fisarmonica o dai "torotela",
cantastorie lombardi. Lungo il percorso del Naviglio Grande, s’incontrano i
Comuni di Cesano Boscone, Assago, Buccinasco, Corsico, Trezzano sul Naviglio,
Gaggiano, Vermezzo ed Abbiategrasso che dista 25 Km. da Milano e ove esiste lo
storico palazzo la "Foresteria", incuneato tra il Naviglio Grande e
il nascente Naviglio Bereguardo. Da Abbiategrasso il Naviglio, subisce
diramazioni diverse attraverso canali, per cui l’itinerario procede verso i
comuni di Cassinetta di Lugagnano, Robecco sul Naviglio, Boffalora sopra
Ticino, Bernate Ticino, Cuggiono, Robecchetto con Induno, Turbino. Da Mesero,
su canale derivatore del Villoresi, si procede per Inveruno, Casorezzo (riva
destra Villoresi), Ossona, Arluno, Castano Primo, Vanzaghello. Ulteriori
deviazioni conducono per la direttrice principale, in un paesaggio di ville,
castelli, cascine e chiese, verso Cusago, Cisliano, Albairate per proseguire
alla scoperta del Magentino con i comuni di Cornaredo, Settimo Milanese,
Bareggio, Sedriano, Vittuone, Corbetta, Santo Stefano Ticino, Marcallo con
Casone, Magenta. I principali centri che sorgono lungo il percorso dei Navigli
sono: Abbiategrasso Km. 25, mentre i comuni più distanti sono, a nord, Nosate
Km. 41 e, a sud, Motta Visconti Km. 28. I lavori per la costruzione del
Naviglio di Pavia per collegare Pavia - Binasco - Milano furono fra i più
tormentati dell’ingegneria idraulica lombarda. L’idea di collegare il bacino
del Po con i laghi e i passi alpini attraverso un canale, che permettesse alle
città di Milano e di Pavia di controllare i ricchi traffici che si svolgevano
su questa direttrice, risale al periodo visconteo. Per quasi due secoli i
progetti trovarono ostacoli insormontabili alla loro realizzazione. Tale
iniziativa riprese sotto il dominio degli Spagnoli che, verso la metà del 1500,
avevano chiusa la città con una cinta più esterna: “i bastioni”, ma nel 1600, a
causa della grande crisi economica, tutti i progetti furono completamente
abbandonati. Solo alla fine del XVIII secolo furono eseguiti nuovi studi e
progetti per la realizzazione di quest’opera, al fine di superare l’ostacolo di
"conca fallata". Il Naviglio di Pavia ha origine da Milano (darsena
di Porta Ticinese) e, dopo un percorso di 33 Km, finisce nel Ticino a valle di
Pavia. Il dislivello è ridotto da 14 conche leonardesche che costituiscono il
motivo maggiore d’interesse storico e di curiosità d’ingegneria idraulica. Nel
1805, il Naviglio pavese, su decreto di Napoleone Bonaparte, fu oggetto di
interventi e il progetto fu definitivamente approvato nel 1807, dopo che gli
ingegneri idraulici lombardi, forti della realizzazione del Naviglio di
Paderno, riuscirono a superare le difficoltà con la costruzione di conche con
base poligonale anziché rettangolare, sostituendo la gradinata per ammortizzare
il salto dell’acqua con
il
parapetto ideato dal Meda. Altre valide modifiche e innovazioni tecniche furono
introdotte dall’ing. Parea. I lavori iniziarono nel 1809 con l’apertura alla
navigazione del primo tronco del canale, dalla Darsena a Rozzano; nel 1810 la
navigazione giunse a Moirago; nel 1811, a Binasco e, nel 1814, a Torre del
Mangano a solo 7 km da Pavia. Tale opera fu, poi, ultimata nel 1819 durante il
periodo della Restaurazione austriaca e il collegamento fra i Navigli milanesi
divenne definitivo. Il Naviglio di Pavia, lungo 35 Km, è fornito di 14 conche
di cui solo due hanno un salto entro i due metri, mentre le restanti variano da
tre a cinque metri. Le ultime conche, comprese quelle doppie, essendo radunate
in meno di due chilometri, formano una sorta di gradinata costruita in marmo di
Varenna. Da piazza XXIV Maggio, il Naviglio di Pavia segue in alzaia o lungo la
via Ascanio Sforza, trovando motivi di deviazione, dalla sinistra del Naviglio
per Cassino Scanasio (col suo castello quattrocentesco) - Rozzano e toccando,
nel suo percorso, i comuni di Basiglio, Lacchiarella, Zibido San Giacomo, sino
a Binasco (noto per il massiccio castello visconteo in mattoni, con cortile
porticato e torri) e a Casarile. Il triste periodo dell’abbandono dei navigli è
durato per oltre un secolo a causa della "rivoluzione industriale" e
dell’avvento dell’era ferroviaria. Il Naviglio Grande fu l’ultimo dei navigli
milanesi ad entrare in crisi verso la fine dell’Ottocento. Ad ovest della
metropoli esistono, oggi, questi suggestivi navigli che si allacciano al Ticino
in un panorama di campagne, boschi, verde, monumenti, ville con una varietà di
temi ambientali, naturalistici e artistici. Il perimetro del territorio si
trova infatti fra la riva sinistra del Ticino, l’autostrada Milano - Torino, la
tangenziale Ovest e l’autostrada Milano - Genova. Il paesaggio racchiude una
realtà tutta da scoprire in un discorso di valorizzazione del patrimonio di
beni ambientali e architettonici nella provincia milanese che deve essere
considerata, comunque, come una continuazione della metropoli. Da ciò è nata
l’idea di suggestivi percorsi o itinerari rappresentati dalla valle del Ticino,
dalle ville settecentesche, dai castelli e dalle abbazie che sorgono, tra
l’Abbiatense e il Magentino, a testimonianza di una civiltà rurale che
l’industrializzazione non ha cancellato. Oggi il futuro dei Navigli milanesi si
presenta migliore; si sogna di trasformare la darsena in una pittoresca piazza
sull’acqua e, addirittura, in un porto turistico per salpare alla volta del mare,
con la navigazione di piccole imbarcazioni, sino a Venezia. Da un ventennio è
venuta, infatti, maturando l’idea della loro riscoperta per una nuova
valorizzazione sul piano e della memoria storica e, soprattutto, su quello di
un loro parziale recupero per rilanciare le tradizioni locali e dar vita ad
un’attività turistico - ricreativa. In tale direzione si collocano i due
progetti, presentati nella primavera del 1998, per trasformare la Darsena (il
vecchio lago di Sant’Eustorgio), in piazza sull’acqua. L’attuale specchio
d’acqua stagnante si estende su di una superficie di 18 mila metri quadrati ed
è profondo poco più di un metro, con rive malsicure e animate, solo di sabato,
dalla fiera di Sinigaglia. Il primo progetto di trasformazione di questa umida
pozza d’acqua è stato presentato il 26 Maggio 1998 presso la sede della
Canottieri Milano in via Alzaia Naviglio Grande, 160. Tale progetto, elaborato
da un gruppo di architetti per il mensile "Dove", prevede una
riqualificazione urbana tra piazza General Cantore e viale Gorizia con la
realizzazione di un teatro all’aperto, coperto da una grande vela simbolica, di
un ponte che collega la sponda al teatro, di una passeggiata pedonale lungo
viale G. D'Annunzio, di un bar del porto, con spazi sia coperti che all’aperto.
L’imbarcadero e il ristorante sono previsti verso piazza XXIV Maggio, che sarà
posta al centro di un
tappeto
erboso e ricongiunta ai suoi due caselli daziari. Il secondo progetto, più
ambizioso, sostenuto dall’Associazione Amici del Naviglio, mira a riaprire la
navigazione dei canali meneghini sino al Po, in modo da consentire di viaggiare
via acqua da Milano a Venezia attraverso i moderni barconi in un paesaggio
turistico - artistico di grande interesse storico - monumentale. Il costo del
progetto, per salpare dal Ticinese alla volta dell’Adriatico, è di 200
miliardi. Nell’attesa che si realizzi il sogno di questo secondo progetto, i
milanesi sperano almeno di potere consumare un caffè lungo le rive della
Darsena. Viviamo in una società che comincia ad avere più rispetto del suo
territorio. Il fascino e la suggestione dei navigli milanesi sono, tuttora, vivi.
Fra il 1506 e il 1507 e, poi, nel 1513 Leonardo da Vinci abitò nella villa dei
Conti Melzi di Vaprio d’Adda per cui anche Paderno e Trezzo furono considerate
zone leonardesche. Nella villa di Vaprio furono conservati i manoscritti di
Leonardo prima della loro dispersione e gli studi che egli aveva fatto sul
superamento della stretta dell’Adda ai Tre Corni presso Paderno col progetto di
una diga sul fiume. Tale studio prevedeva un canale navigabile accanto a quel
tratto di fiume, prefigurando una soluzione che sarebbe stata adottata fra il
1516 e il 1577, periodo di costruzione del Naviglio di Paderno. Le rocce
incassate di Cornate sono state ritratte dall’artista in molti suoi quadri fra
cui si ricorda la famosa “Madonna delle Rocce” che ritrae sullo sfondo tale
paesaggio. A Imbersago il fiume Adda è attraversato da un traghetto leonardesco
che sfrutta la corrente. Il Naviglio di Paderno è il più breve, ma è stato
certamente il più difficile da costruire per fare superare alle barche, in soli
due chilometri e mezzo di percorso un dislivello di ben 27 metri con audaci
tecniche d’ingegneria idraulica. L’idea di collegare la Valtellina ai Grigioni
svizzeri, attraverso un’agevole via d’acqua come l’Adda, giustificò un’impresa
che richiese enormi sforzi tecnici ed immensi investimenti da parte degli
amministratori locali. L’Adda s’immette, infatti, a Colico nel Lago di Como e
fuoriesce a Lecco. Lungo tale percorso bisognava completare il sistema dei
navigli milanesi per collegarsi al bacino del Po e del Ticino. La costruzione
del primo tratto del Naviglio fu decisa nel 1518, ma per superare la rapida di
Paderno, che bloccava le comunicazioni sull’Adda, furono necessari quasi tre
secoli. Mentre la città veniva chiusa dagli spagnoli con la nuova cintura dei
“bastioni”, nel 1574, Giuseppe Meda uno dei più geniali ingegneri idraulici
milanesi, propose la soluzione di rendere navigabile tutto il percorso
dell’Adda, scavando un naviglio molto breve e costruendo, con la conca detta
"Castello", due sole conche, rispettivamente di sei e diciotto metri
per vincere tale dislivello. La friabilità del terreno e la mancanza di fondi
d’investimento vanificarono i lavori in corso, tanto che lo sfortunato Meda fu,
più volte, imprigionato. Le stesse innovazioni tecniche del Bisnati, amico e
successore del Meda, non bastarono a superare le difficoltà della roccia
friabile e della cronica mancanza di fondi. I lavori cessarono definitivamente
nel 1598. Solo dopo la seconda metà del Settecento si riaffrontò il problema
tecnico per superare le rapide di Paderno con studi di Pietro Nosetti e con il
progetto del matematico e idraulico Paolo Frisi che prevedevano la ripartizione
del salto d’acqua in dieci tronchi orizzontali. Sotto il regno di Maria Teresa
d’Austria le rapide dell’Adda furono vinte. 1 lavori iniziarono nel 1773 e
furono ultimati nel 1777. Il collaudo definitivo dell’opera avvenne nel 1790,
perché le continue frane ne rendevano precaria la stabilità. Il Naviglio di
Paderno risulta un canale parallello all’Adda, lungo 2,6 chilometri; e il
problema della sua forte pendenza fu risolto con la costruzione di sei conche
con salto variabile fra i tre e i sei
metri
circa, le più alte dei navigli lombardi. Per controllare le piene, il Naviglio
fu fornito di tre scaricatori che, attraverso 28 porte, immettevano nell’Adda
le acque in eccesso. Con la realizzazione del Naviglio di Paderno si poté
conseguire quel sogno di completamente del sistema dei Navigli che collegava la
navigazione dal Lago Maggiore al Lago di Como, senza ricorrere al traino delle
barche e al trasbordo delle merci. Alla fine dell’Ottocento, anche il Naviglio
di Paderno entrò in crisi e verso il 1930 cessò ogni attività su
quell’impianto, le cui acque non servirono più neppure per l’irrigazione. Il
Naviglio della Martesana, assieme al Naviglio Grande, fu per oltre 400 anni
protagonista dello sviluppo economico, commerciale, turistico ed agricolo della
città. In un periodo in cui le strade erano poche ed insicure, il mezzo di
trasporto più adatto era quello delle vie d’acqua, cioè per fiumi e per mare.
Il Naviglio della Martesana riceve l’acqua dall’Adda vicino alla località
Groppello, percorre 38 chilometri attraverso la campagna e tocca i comuni di
Inzago, Gorgonzola, Bussero, Cassina de’ Pecchi, Cernusco, Vimodrone; infine
entra in Milano scorrendo all’aperto sino a Cassina de’ Pomm (ang.Via M. Gioia)
e finisce interrato nella chiusa di San Marco. Il Naviglio era usato, sia per
la navigazione fluviale nel trasporto di merci, sia per l’agricoltura con
l’irrigazione dei campi, sia per procurare forza motrice ai mulini. Milano si
avvicinava così ai paesi alpini del Centro - Europa: al Lago Maggiore con il
Naviglio Grande, utilizzando le acque del Ticino, e al Lago di Como con il
Naviglio della Martesana, utilizzando le acque dell’Adda. I barconi, che
trasportavano merci e materiali da costruzione a Milano, superavano il
dislivello del terreno per mezzo di "conche ", di cui si è già detta
la funzione. La prima conca, detta di Viarenna, entrò in funzione nel 1439 per
collegare il Naviglio Grande con il fossato di Milano. Quando non vi
transitavano i barconi, l’acqua precipitava rumorosa e spumeggiante sui
battenti della chiusa, strumento perfezionato da Leonardo da Vinci, che soggiornò a Milano dal 1482 al 1507 alla corte degli Sforza. Il
Naviglio della Martesana, ideato da Filippo Maria Visconti e costruito da
Francesco Sforza nel 1457, derivava le sue acque dal fiume Adda, in sponda
destra, sotto il Castello di Trezzo e, dopo un percorso di circa 19 Km.,
sfociava a Milano, mescolandosi con le acque del Seveso, nel bacino detto “il
tombone di S.Marco”, dove, esisteva un laghetto da cui aveva origine la fossa
interna. Il laghetto servì, per molti anni, come porto d’approdo d’imbarcazioni
o barconi che scendevano verso la città carichi di merci cosiddette povere:
ghiaia, blocchi di pietra, rotoli di carta da giornale, sale, vettovaglie,
marmi, laterizi, concimi ed altro materiale da costruzione. Il ponte di S.
Marco, detto anche "ponte delle gabelle" dal nome della località (per
quel ponte medioevale che scavalcava il canale in via Montebello), fu uno dei
centri portuali più frequentati dai milanesi. Le acque della Martesana, nei
primi anni, non entrarono nella fossa interna, ma solo nelle vicinanze di
Milano. Fu Lodovico il Moro che, nel 1497, eseguì l’unione della Martesana con
la fossa interna. Il Naviglio della Martesana, canale a forte pendenza, aveva
però una sola “conca” verso “Cassina de’ Pomm”. Tra il 1554 e il 1564 si
provvide anche all’inalveamento definitivo della Martesana con un cavo
rettilineo tra Cassina de’ Pomm e la conca dell’Incoronata, dove l’acqua era
immessa in città con un “tombone”, detto di San Marco, da non confondersi con
l’omonimo laghetto. L’alzaia della Martesana, congiunta alla Porta Nuova,
sostituiva il vecchio tracciato della strada per Monza. Nella fascia del
suburbio esterno alla città, lungo la Martesana, si ammiravano borghi, cascine,
ville, edifici religiosi, giardini, campi, orti e boschi, soprattutto, nel
tratto Crescenzago -
Cernusco
sul Naviglio - Inzago. Le acque del Naviglio svolgevano sia una funzione
agricola per l’irrigazione dei campi, sia una funzione commerciale. Il Naviglio
della Martesana fu dapprima chiamato "Naviglio Piccolo", poi prese il
nome di "Martesana" dal contado di cui faceva parte il territorio che
il Naviglio attraversava. Il raggiungimento del Lago di Como era impedito da un
tratto dell’Adda, pieno di rapide e di rocce, fino alla costruzione del
Naviglio di Paderno. A fianco dei navigli correva una strada detta
"alzata" dalla quale i cavalli o i buoi ma anche gli uomini
trainavano con una fune le barche contro corrente. Il Naviglio, lungo circa 39
Km, ha una pendenza di diciotto metri ripartiti sul fondo, ad eccezione di
circa due metri superati grazie all’unica conca della Martesana, quella di
Cassina de’ Pomm, costituita da un complesso di manufatti che qui di seguito
elenchiamo: portoni di sbarramento con gradini sottostanti che provocavano il
rombo della cascata; grande e profonda fossa dove i barconi sostavano in attesa
del deflusso dell’acqua; grandi portoni di legno in due battenti con verricelli
di apertura posti ai lati del ponticello; ponticello stretto ed arcuato che
scavalcava il Naviglio proprio sopra i portoni della seconda chiusa e che portava,
con breve tratto di strada sconnessa, giù a livello dell’acqua; immagine sacra
raffigurante la Madonna con Bambino dipinta sul muro dirimpetto il ponticello a
cui non mancava né un lumino, né un mazzo di fiori; dietro a questo muro:
cortile e fabbricato del mulino funzionante con l’acqua del Naviglio;
dall’altra parte della strada: Osteria della Conca, rustico fabbricato immerso
in una macchia di verde con gioco delle bocce e bersò; risalendo l’alzaia verso
l’Albergo: la stradicciola passava in mezzo a due canali, avendo a sinistra il
Naviglio e a destra un grosso cavo (circa la metà del Naviglio) che, uscendo
dal Naviglio stesso presso il ponte di ferro, faceva funzionare il mulino;
conclusa la sua missione, questo naviglietto si ricongiungeva al suo “papà”
poco sotto il ponticello della Conca, creando in questo slargo, nello slancio
dell’entrata, un veemente turbinio di onde. La seconda località, suggestiva,
era appunto la Cassina de’ Pomm che, allora, non era altro che l’Albergo o
l’Osteria della “Cassina de’ Pomm”, raffigurata in innumerevoli dipinti e
stampe del Settecento e dell’Ottocento. La terza suggestiva località erano i
“Sabbioni”, ove stazionavano i barconi che scendevano lenti come una foglia e
trasportavano sabbia e ghiaia, che venivano scaricati da una gru nello spiazzo
in alti mucchi, vicino a due silos cilindrici. I Sabbioni, d’estate,
diventavano luoghi di villeggiatura, per la presenza della sabbia, da parte di
giovani e adulti nel pomeriggio del sabato e dei ragazzi, per tutta la settimana,
che si divertivano per la presenza dei barconi. La quarta località suggestiva
era “El Canton Frecc”, che in italiano suona “luogo ombroso e fresco” e si
trovava sul confine tra Greco e Gorla, ove le donne si inginocchiavano su “el
brelin”, a filo d’acqua, per lavare i panni. Nel 1805, Napoleone decretò la
costruzione definitiva del Naviglio di Pavia e così, dopo sette secoli, fu
completato il sistema della navigazione dei navigli milanesi e pavesi. Il sogno
dei milanesi si era avverato: il mare si raggiungeva tramite il Naviglio di
Pavia e il Po; il lago Maggiore tramite il Naviglio Grande e il Ticino; il Lago
di Como tramite il Naviglio della Martesana, il Naviglio di Paderno e l’Adda. I
due principali porti di Milano erano la Darsena di Porta Ticinese, per i
Navigli ad ovest della metropoli, e il laghetto di San Marco, per il Naviglio
della Martesana che si diramava da un lato lungo via Pontaccio, per morire nel
fossato del Castello Sforzesco (da ciò la denominazione di “Naviglio Morto”;
dall’altro lato, attraversato il “tombun di San Marco”, s’immetteva nella fossa
interna per raggiungere la Darsena di Porta Ticinese.
Presso
la conca di Cassina de’ Pomm erano sorti, favoriti dalle acque che venivano
deviate in canali, due mulini uno per la macina del grano e uno per il
granoturco. Il popolo li chiamava rispettivamente “il mulino bianco” e “il
mulino giallo”. Fu, poi, costruito un terzo mulino, detto “mulino nuovo”.
L’attuale via Edolo si chiamava infatti via Tre Mulini. Nel 1800 si avviò anche
lungo la Martersana un regolare trasporto di passeggeri, mediante le barche -
corriere. Mentre sul Naviglio Grande era molto noto il “barchett de Boffalora”,
sul Naviglio della Martesana era noto il “barchett de’ Vaver”. Nella seconda
metà dell’Ottocento il sistema dei trasporti fluviali decadde, sia per la
lentezza dei viaggi (3 Km. all’ora), sia per la concorrenza delle ferrovie e
delle linee tranviarie che soppiantavano la navigazione fluviale interna ed
esterna alla città. La Martesana rimase attiva per tutto l’Ottocento come via
di trasporto sia con un regolare servizio passeggeri, sia con un intenso
traffico commerciale. I barconi portavano a Milano grano, frutta, prodotti
caseari, bestiame, legname, sabbia e ghiaia ed altri materiali da costruzione.
Alla fine dell’Ottocento entrò in crisi la fossa interna perché antigienica e
di ostacolo al traffico. Giunse, poi, l’era delle automobili e degli autocarri
per il trasporto di persone e merci. I navigli entrarono in crisi; le loro
acque furono utilizzate dalle industrie che le inquinarono. La fossa interna
venne coperta tra il 1929 e il 1930, durante il periodo fascista. Decaddero lentamente
tutti gli altri navigli. Gli ultimi ad andare in crisi furono quelli della
Martesana e il Naviglio Grande. Fin verso la metà del Novecento, come tutte le
manifestazioni della natura, il Naviglio della Martesana esercitava sulla
popolazione rurale diversi timori che, attraverso le generazioni successive,
sono arrivati sino a noi... “El Navili della Martesana, ne moeur sett alla
settimana”. La sua acqua scorreva, infatti, verde e lenta come un olio, a pochi
centimetri dalla sponda e diventava nera o color pece di notte, alle fioche
luci dei lampioni, pronta a ghermire colui che si fosse imprudentemente
avvicinato troppo alle sponde. Di notte risuonava il rumore della cascata di
Cassina de’ Pomm. Ed il lento girare delle ruote dei mulini con il sordo
turbinio dell’acqua faceva si che la gente faticasse a tenere con il Naviglio
un rapporto disinvolto e giocoso. Gli abitanti di Cassina de' Pomm, sino a
quelli delle vie del Progresso ed Edolo, si consideravano “lagunari”, gente
cioè che viveva sull’acqua. Scrive Gianni Banfi nel suo volume “Greco ieri..”.
Quasi tutte le famiglie tenevano in casa “el quadraa”, ovvero la rete da pesca
di un metro per uno e, per i bambini, “el quadretell”, più piccolo, pronti
tutti a gettarli in acqua nei momenti opportuni. Nei giorni della succia, cioè
quando il Naviglio veniva svuotato, che cosa non si scateneva a Cassina de’
Pomm!! Papà e figli, nonni e nipoti, ragazzotti in proprio, con stivaloni o
senza, muniti di quadrati e retini (la canna non veniva usata), dentro l’alveo
o sulle sponde, erano presi tutti da frenesia, un’animazione generale investiva
tutto il borgo. Anguille e pesci persici erano le prede più ambite, bisognava
scovarle nella melma e nelle alghe del fondo; nelle pozzanghere che si
formavano si rifugiavano miriadi di pesciolini e qualche pezzo grosso, il quale
dava dimostrazione della sua presenza agitando scompostamente l’acqua. Sulle
rive, passanti non certo frettolosi, in bicicletta o a piedi, si soffermavano a
seguire le operazioni dando anche consigli ed informazioni non richieste....
Agli inizi degli anni ‘60 il Naviglio della Martesana scorreva ancora a cielo
aperto lungo via M. Gioia e fu prima coperto sino al n. 191, poi sino alla
Cascina dei Pomi. Qui sorge un ponte, detto di “Leonardo”, ch’è ormai privo di
significato, essendo stato coperto il Naviglio, ma che ricorda uno storico
avvenimento: permise a Renzo Tramaglino, protagonista dei “Promessi
Sposi”,
di attraversare il canale durante la fuga da Milano. Il protagonista del
romanzo, infatti, fece il primo itinerario da Monza a Milano l’11 - 12 Novembre
1628, percorrendo l’antica postale per Monza e, passato Sesto San Giovanni,
giunse al confine di Greco dove incontrò la Martesana, superando il ponte che
collegava alla città, per dirigersi verso i Bastioni di Porta Nuova e Porta
Orientale. Il secondo viaggio di Renzo avvenne a fine Agosto del 1630: “verso
sera, arriva a Greco... All’alba s’incamminò per viottole... Venne a sbucare
sotto le mura di Milano tra Porta Orientale e Porta Nuova”, (cioè fra le
attuali Porta Venezia e piazza Principessa Clotilde). La Martesana, a Cassina
de’ Pomm, svolta a destra e scorre all’aria aperta lungo i prati e le vecchie
case di Greco e di Gorla. Lungo il letto del fiume si vedono ormai galleggiare
barattoli, cassette, copertoni, materassi, depositi di plastica e di fango ed
altri rifiuti solidi urbani che emanano cattivo odore. Dal 1977 lo Stato ha
consegnato alla Regione la gestione e la salvaguardia del Naviglio della
Martesana e nel 1980 è stato avanzato un primo progetto urbanistico (puramente
cartaceo) per riscoprire, recuperare e valorizzare il Naviglio della Martesana.
Dal 1983 il Naviglio è stato consegnato dalla Regione al Consorzio di Bonifica
Est Ticino Villoresi, al quale compete la gestione delle acque in tutta la zona
che va dal canale artificiale Villoresi, che collega l’Adda con il Ticino, fino
al Po. Il Consorzio di Bonifica regola il flusso dell’acqua attraverso una
canalizzazione irrigua per l’agricoltura che si estende per ben 250 chilometri.
La prima fonte di sporcizia che inquina il Naviglio proviene dalle Trobbie, che
sono tre torrenti che scendono dalla Brianza verso Melzo e, a Villa Fornaci,
passano sotto il Martesana. Quando piove e i torrenti sono in piena gonfiandosi
paurosamente, occorre evitare possibili allagamenti. Il Genio Civile, a fronte
di tale pericolo, ha escogitato un meccanismo idraulico che consente di
immettere le acque dei torrenti in piena nella Martesana e con l’acqua viene
immessa una grande quantità di fango e di rifiuti inquinanti. La seconda fonte
di inquinamento è costituita dagli agricoltori e dalle industrie che usano
l’acqua per il raffeddamento dei loro impianti. La terza fonte inquinante
riguarda direttamente Milano ove i rifiuti vengono gettati nel Naviglio da
abitanti senza scrupolo. Balza, però, evidente il problema della sporcizia del
Naviglio e della necessità della sua pulizia. Il Consorzio di Bonifica considera
un investimento a fondo perduto la pulizia, per cui si limita ad affettuarla
ogni dieci anni. Per risolvere tale problema bisogna ricorrere ai volontari di
Legambiente, del Comitato di quartiere Crescenzago, di Gorla Domani e delle
Guardie ecologiche che, periodicamente, ripuliscono le sponde. L’Amsa fornisce
sacchi, guanti e ramazze ed ad ogni intervento di raccolta rifiuti, nel solo
tratto milanese, vengono riempiti 5 camioncini di spazzatura. Il futuro del
Naviglio della Martesana prevede una migliore rivalutazione, sia della sua
memoria storica, sia del suo ambiente naturale per destinarlo a scopi sociali e
turistici: sport, tempo libero, turismo per conoscere ville, parchi e giardini,
centri storici che sorgono, tuttora, lungo le sue caratteristiche sponde. Negli
anni ‘90 l’idea di far rivivere il Naviglio della Martesana si è concretizzata
con l’inaugurazione di una pista ciclopedonale lungo il tratto che, partendo da
Cassina de’ Pomm raggiunge Gorla, Precotto, Crescenzago. Nel 1993 è stato
chiesto alla Regione il vincolo ambientale lungo tutto l’asse del contado della
Martesana. Nel 1997 il Naviglio ha compiuto 500 anni di vita e la Provincia di
Milano ha già stanziato i fondi per una pista ciclabile da via Idro in Milano
sino a Gorgonzola. Il 17 Maggio del 1998 si è ripetuta la “Biciclettata” di
primavera, organizzata da Legambiente per rilanciare questo storico corso
d’acqua.
Oggi
è impossibile ripristinare la navigazione fluviale d’un tempo, ma esiste “il
progetto parco della Martesana” che costituisce un’intelligente risposta per
restituire all’uomo della metropoli lombarda il fascino e lo splendore di
questo caratteristico Naviglio. Sotto la dominazione dei Visconti s’incominciò
a studiare ulteriori collegamenti con l’Adda, a nord, per raggiungere il lago
di Como e con il canale di Bereguardo, a sud, per raggiungere il Po. Iniziato
nel 1420, il Naviglio di Bereguardo fu completato nel 1470 nel quadro del
collegamento fra Milano - Pavia e grazie, soprattutto, a Francesco I Sforza,
coadiuvato dall’ing. Bertola da Novate che, nel 1457, intensificò la
costruzione definitiva del Naviglio di Bereguardo e della Martesana con l’idea
di collegare il Naviglio Grande, mediante il fossato interno alle mura della
città, con la Martesana. L’evento di tale completo collegamento poté essere
festeggiato, finalmente, nel 1497. Il Naviglio di Bereguardo, a 25 km. da
Milano, nasce a Castelletto di Abbiategrasso; è lungo circa 19 Km e confluisce
nel Ticino al ponte di “Bereguardo”. La caduta totale è di 24 metri, per cui si
è resa necessaria una serie di sostegni. Il corso delle sue acque serve,
prevalentemente, a scopi irrigui, non tocca comuni importanti ed il suo
paesaggio risulta meno caratteristico rispetto al Naviglio Grande. Esistono,
tuttavia, le antiche conche che hanno un loro fascino. I barconi del sale che
da Pavia risalivano verso Milano impiegavano sei ore da Bereguardo ad Abbiategrasso
(19 chilometri), grazie ad un complesso sistema di conche che permettevano di
superare un dislivello da uno a due metri. Non mancavano liti ed incidenti, che
danneggiavano i ponti, tra i proprietari dei barconi che trasportavano il sale
e i proprietari dei fondi agricoli. Sino agli inizi dell’Ottocento le barche
provenienti dal Po risalivano il Ticino fino alla località detta “Piarda”, dove
scaricavano sale, cereali ed altri materiali oppure, trainate da appositi
carri, giungevano al canale di Bereguardo, lo risalivano fino al Naviglio
Grande per giungere, in tre ore e mezza di agevole navigazione, a Milano. Dopo
l’apertura del Naviglio di Pavia i trasporti sul Naviglio di Bereguardo
decaddero completamente e le sue acque furono utilizzate solo per l’irrigazione.
Sulla riva destra del Naviglio di Bereguardo e vicinissimo al Ticino, a 29 Km
da Milano, sorge una delle più incantevoli plaghe del Milanese: Morimondo.dove
i valori naturalistici fanno da cornice splendida a quelli storici e
monumentali con la seicentesca cascina Fallavecchia che s’incontra scendendo
verso Besate, la seicentesca chiesa di San Bernardo e soprattutto,
l’abbazia dedicata a Santa Maria, in stile gotico - borgognone, con qualche
sopravvivenza di romanico lombardo. La costruzione dell’abbazia di Morimondo
durò 114 anni dal 1182 al 1296 e l’impronta cistercense caratterizza lo stesso
paese, con le sue vecchie case che erano le “grange” del monastero, cioè le
abitazioni rurali. Lungo il Naviglio di Bereguardo s’incontrano altri comuni:
Noviglio, Zelo Surrigone, Gudo Visconti, Rosate, Bubbiano, Vernate, Besate,
Motta Visconti.
NAVIGLIO
PAVESE
NAVIGLIO DELLA
MARTESANA
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