sabato, ottobre 01, 2005

Aiutare l'Africa

AIUTARE L’AFRICA (prima parte)

1-PremessaL’Africa muore ogni giorno di più
Come per uno che ha perso il treno, l’Africa si allontana ogni giorno di più dal mondo ricco (nazioni industrializzate).

Le prediche
La Chiesa predica contro questo scandalo, mettendo in evidenza le sperequazioni tra le nazioni, ed è suo dovere farlo per svegliare le coscienze, creare un movimento di opinione.
Questo è certamente un compito, un dovere, della Chiesa.
Ma questo è solo il primo passo per far cambiare qualcosa.
Altri passi concreti e impegnativi devono seguire da parte di tutti, dagli Stati, dalla comunità delle Nazioni nel suo insieme, se si vuole togliere l’Africa da questa situazione.

Il peccato di essere ricchi
Come ho cercato di spiegare in miei scritti precedenti (Siamo tutti americani e Istinto di sopravvivenza) secondo la mia opinione la situazione della diversità tra noi e l’Africa non è dovuta a nostre colpe, a nostri “peccati” (a meno che l’essere diventati ricchi non rappresenti un peccato) E’ dovuta semplicemente al nostro lavoro, alla nostra filosofia di vita, nel corso degli ultimi cinque secoli.
Non esiste di conseguenza un dovere di pentimento e autofustigazione a causa della nostra ricchezza e della povertà altrui.

Il peccato di non aiutare
Esiste invece il dovere dell’aiuto, concreto, consistente, adeguato alla situazione, verso l’Africa. Dovere cristiano, ma anche semplicemente umano, al di la di ogni fede religiosa.
Ed è qui che l’Occidente industrializzato manca. Questo è Il peccato; quello di non aiutare adeguatamente l’Africa povera a risollevarsi e camminare insieme al mondo sviluppato.

Il volontariato
Molti volontari, in particolare i missionari cattolici ma non solo, si sacrificano, offrendo la loro vita. Sono autentici eroi
E’ sicuramente un grande esempio, uno stimolo per tutti a dare, ma non può essere di per se la soluzione del problema. E’ un sacrificio grandioso per chi lo fa, ed è anche un grande contributo per quelli che lo ricevono, ma non può assolutamente rovesciare la situazione. Il problema ha dimensioni mille volte più grandi.

L’elemosina delle nazioni
Le nazioni industrializzate, oggi come oggi, fanno l’elemosina all’Africa. Il massimo visibile consiste nel condonare il debito esistente. Non può essere sufficiente
Fintanto che si fa l’elemosina non si rovescia la tendenza.
Di questo passo molte nazioni africane verranno cancellate dalla geografia
I loro abitanti emigrati oppure morti

I governi africani: ladri
Fra i tanti problemi esiste quello dei politici, dei governanti africani, gente che in gran parte ha la vocazione del protettore di prostitute.
La corruzione impera a tutti i livelli in Africa, livello politico e livello burocratico. Chi ha un briciolo di potere lo fa pesare per ottenere vantaggi personali. Questo è un grande freno allo sviluppo ed è un problema difficile da risolvere.

Le necessità
Per far uscire l’Africa dalla situazione attuale bisogna elevarla a livello di area sviluppata nelle infrastrutture e industrializzata.
Bisogna portarla ad una pari dignità con il nostro mondo, dove questo continente possa scambiare prodotti con noi, per ottenere quello che gli manca.
E’ necessario un grande sforzo di cooperazione a livello di grandi nazioni.

Chi deve muoversi
L’iniziativa deve essere presa dai politici, che a loro volta devono coinvolgere le grandi aziende, le multinazionali (sissignore, proprio loro, le famigerate multinazionali) uniche detentrici della forza e capacità realizzative necessarie. Le piccole e medie imprese possono partecipare al seguito, a complemento, delle multinazionali
Il tutto deve avvenire a livello continentale, o meglio ancora sarebbe a livello mondiale. Sempre con la presenza garantista degli Stati, che devono mettere i capitali a fondo perso, e con la supervisione stretta e continua degli enti mondiali, tipicamente l’ONU.
Diversamente l’Africa continuerà ancora ad essere una entità bisognevole di carità, fino alla conclusione ultima, apocalittica, di sparire dalla carta geografica, quantomeno per una parte delle sue Nazioni.


2- Situazione attuale

L’agricoltura
In gran parte dell’Africa, la gente vive di una agricoltura arcaica, primordiale in termine di mezzi utilizzati, simile a quella europea di cento o duecento anni fa, con l’aggravante della difficoltà all’irrigazione.
Un’agricoltura dove generalmente ciascuno produce manualmente quello che serve alla famiglia per sopravvivere, e si nutre di quello che produce.
Quando arriva una carestia, una siccità, non c’è scampo. Si muore e basta
L’Africa è però anche una realtà molto diversificata e come tale include organizzazioni agricole in grado di esportare prodotti. Queste avrebbero bisogno di moltiplicarsi e trovare mercati di sfogo nel mondo.

Le infrastrutture
Mancano inoltre le infrastrutture, che sono propedeutiche a qualsiasi sviluppo: ospedali, scuole, strade, ferrovie, pozzi e reti idriche ad uso abitativo e irriguo, reti elettriche e di telecomunicazione, reti per l’immagazzinamento, la conservazione e distribuzione dei prodotti agricoli.

L’esportazione dall’AfricaPer acquistare prodotti industriali a loro mancanti, gli africani possono vendere prodotti minerari, dove e quando esistono.
Però il grosso della loro economia è costituito dai prodotti agricoli, che costituiscono i tre quarti del PIL (Prodotto Interno Lordo) L’agricoltura occupa i due terzi della forza lavoro.
L’Africa ha quindi la necessità vitale di esportare prodotti agricoli. E’ tutto quello che sa fare oggi.

L’importazione di prodotti agricoli nel mondo occidentaleI paesi indusaletrializzati però proteggono mediante tasse all’importazione la loro agricoltura.
Non solo, dal momento che le tasse non bastano a rallentare adeguatamente il flusso di importazione, forniscono aiuti economici alla loro agricoltura.

L’Unione Europea chiude la porta ai prodotti agricoli dell’Africa
E’ proprio di questi giorni un provvedimento dell’Unione Europea che assegna all’Italia un contributo di 1 miliardo di Euro (duemila miliardi di lire) a favore delle produzioni di olio d’oliva cotone e tabacco. Prodotti che l’l’Africa è in grado di esportare. E questa è semplicemente la quota assegnata all’Italia nell’ambito delle attuali 15 Nazioni. Non conosco il valore totale dei contributi a livello europeo.
Quindi l’UE si protegge, chiude la porta ai prodotti agricoli africani.
La morale di questo è che i cittadini europei si tassano (tirano fuori soldi dalle loro tasche) per salvare i propri agricoltori, e lasciar crepare gli africani.
Questo è protezionismo cieco ai bisogni degli altri. E’ tutto meno che liberismo economico o globalizzazione come si preferisce chiamarla. Se la globalizzazione fosse veramente praticata, al cento per cento, porterebbe grandi benefici all’Africa. Con buona pace degli anti-global

Cosa vogliamo comprare dall’Africa ?A parte le banane, il caffè, ed il cacao, che da noi non crescono e quindi dobbiamo prenderli obbligatoriamente da loro, se non compriamo prodotti agricoli, cos’altro possiamo comprare dall’Africa ? I pappagalli, i canarini, i pesciolini per l’acquario ?
Capisco che l’agricoltura è importante, anche per la salvaguardia del territorio, ma da qualche parte i sacrifici bisogna pur farli se vogliamo fare qualcosa.
Il territorio si può salvare in tanti altri modi, come già fatto per tante zone abbandonate dall’agricoltura.

3- Cosa si potrebbe fare e non si farà

Le dimensioni del problema
In Africa vivono 800 milioni di abitanti (quasi il doppio dell’Europa dei 25 Stati)
Ed è costituita da 30 milioni di chilometri quadrati (8 volte l’Europa dei 25 Stati, cento volte la superficie dell’Italia)

Un ideale per l’Europa
L’Europa di questi tempi è priva di ideali. Continua ad allargarsi ma non sa il perché. E’ impigrita e chiusa in se stessa. Questo lo dicono e lo ripetono grandi opinion-makers dalle pagine dei giornali, ed io condivido pienamente questa visione.
Un grande ideale per l’Europa potrebbe essere quello di assumersi l’onere di riscattare l’Africa dalla sua condizione attuale.
L’Africa potrebbe essere aiutata concretamente a condizione che gli abitanti dell’Unione Europea, tutti insieme (450 milioni di europei), fossero disposti a qualche sacrificio economico a favore dell’Africa
Ed è qui che casca l’asino.

Non avverrà
Questo ideale per nascere e diventare un progetto dovrebbe essere fatto proprio dai politici.
I politici però, specie nei paesi democratici dove bisogna conquistarsi il voto, non hanno voglia di chiedere alla gente di fare sacrifici per gli altri; sanno benissimo che la gente non è disponibile.
E nessun politico di professione vuole diventare antipatico agli elettori.
La gente è disponibile a fare cortei stradali, adunate oceaniche, per chiedere, non per dare.
I politici cambieranno attitudine solo se la gente cambierà la sua disponibilità a sacrificarsi per il prossimo.
Servirebbe un “messia”
Niente del genere è in vista, per ora.
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AIUTARE L’AFRICA (seconda parte)

1 - Il colonialismo
Oggi, dopo circa cinquant’anni di indipendenza delle nazioni africane, di fronte ai risultati ottenuti, io rimpiango il colonialismo.
Gli europei erano in Africa ovviamente per ragioni di interesse economico e politico. Le colonie erano un possesso e un luogo dove si misurava la supremazia delle potenze europee.
Non a caso la Prima Guerra Mondiale è scoppiata per rivalità coloniali tra l’Impero Austro-Ungarico ed il blocco Francia-Inghilterra. Sulle conseguenze della prima guerra è poi scoppiata anche la Seconda Guerra Mondiale.
Questo per dire che gli europei non erano in Africa (ed altrove) per fare della beneficenza.
Conseguenza della Seconda Guerra Mondiale è stata la perdita di potere delle nazioni europee a favore di USA e URSS.
Questa perdita di potere ha fatto perdere le colonie.

Benefici del colonialismo
La presenza in Africa delle nazioni europee, anche se da un punto di vista etico era illegittima, finiva per portare sviluppo in Africa.
Le potenze coloniali, durante il loro dominio, hanno realizzato importanti infrastrutture (Strade, ferrovie, canali di irrigazione ecc. ) tuttora esistenti ed estremamente importanti.
Le nazioni europee, restando in Africa, avrebbero svolto in qualche modo il ruolo delle api, nel senso che, anche involontariamente, avrebbero distribuito il “polline” della nostra cultura. Avrebbero trapiantato il nostro modello di sviluppo.
Inoltre la loro presenza teneva a bada le guerre tribali, che in seguito hanno sconvolto tragicamente l’Africa.
Una cosa è sicura: se fosse continuato il colonialismo l’Africa sarebbe oggi un continente estremamente più sviluppato, più occidentalizzato, di quanto lo è ora.

Trapiantare il nostro modello di sviluppo
Qualcuno non è contento che si porti in Africa il nostro modello di vita. Ok, posso capire. Ci si deve però decidere: se questo non è un bene allora lasciamo l’Africa così com’è. Smettiamola però con i piagnistei. Limitiamoci pure a fare la carità all’Africa, e l’Africa resterà sempre un mendicante.
In ogni caso resta il fatto che gli africani vorrebbero quanto mai somigliare a noi, ed a me interessa molto di più la loro opinione.

Un altro pregio del colonialismo
Nella situazione di oggi gli africani tendono ad emigrare, a spostarsi, a trapiantarsi in Europa, area già sovraffollata, ed a spopolare l’Africa.
Questo è un fenomeno irrazionale, un movimento di sbilanciamento abitativo ed etnico dannoso per tutti.
Il Colonialismo invece portava gli europei in Africa. Portava la nostra cultura sul posto agli africani, senza produrre squilibri alla distribuzione dei popoli sulla terra.
Erano i ricchi che andavano a casa dei poveri, con la possibilità di arricchirli culturalmente. Non importa se avevano il loro interesse per farlo. Oggi tendono ad essere i poveri che invadono la casa dei ricchi.
Con il rischio di guastare il nostro mondo già sovraffollato, lasciando inselvatichire l’Africa.
Si dovrebbe trovare il modo di invertire questa tendenza, con interventi che non siano più il colonialismo, ma qualcosa che potrebbe somigliare al vecchio “protezionismo”, vigilato però dagli enti supernazionali (ONU)

2 - I finanziamenti europei all’agricoltura
Oggi l’UE (Unione Europea), sotto la spinta corporativa degli addetti all’agricoltura, finanzia generosamente tutte le colture che soffrono della concorrenza del terzo mondo, chiudendo quindi il mercato, in spregio ad ogni principio di libera concorrenza.
L’UE lo può fare anche perché trova delle controparti esterne deboli, che non sono in grado di vendicarsi con rappresaglie commerciali, come può essere nei rapporti con gli USA.
Al di la di tutte le considerazioni umanitarie, che suggerirebbero di lasciare libero lo scambio dei prodotti agricoli, esistono anche considerazioni di razionalità, di interesse dei cittadini europei, che se venissero ascoltate consiglierebbero la stessa cosa.

Coltivare l’Africa invece della Valle Padana
Oggi i cittadini europei, attraverso le tasse, pagano inconsapevolmente gli agricoltori, mettendoli in grado di chiudere la porta ai prodotti del terzo mondo.
Succede che miriadi di extra-comunitari, che potrebbero trovar da vivere coltivando la loro terra, vengono invece qui, ed una parte di loro lavora per i nostri agricoltori (visto che gli europei non hanno più tanta voglia di lavorare la terra) utilizzando quindi in parte i finanziamenti europei.
Ma non sarebbe più razionale, oltre che umanitario, che:
i contribuenti non sborsassero soldi per l’agricoltura,
gli africani lavorassero la loro terra, a casa loro
e gli europei acquistassero di conseguenza prodotti agricoli africani a buon prezzo ?
Non si prenderebbero forse tre piccioni con una fava ?

3 – Utopia
Nel mio scritto primo scritto “Aiutare l’Africa” ho ipotizzato uno scenario dove i 450 milioni di europei si tassano per realizzare un programma di aiuto all’Africa.
E’ chiaro che sono stato preso da un vaneggiamento degno dei nostri memorabili “sessantottini”.
Se prendiamo in considerazione l’Italia, (ma il discorso vale ampiamente anche per gli altri Paesi) è impensabile che un Paese al quale mancano il senso di responsabilità ed il coraggio civile per realizzare una riforma delle pensioni a favore dei suoi figli e nipoti, questo Paese dico, possa accettare di accollarsi una quota di sacrificio per aiutare l’Africa.

Franco Valsecchi
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Lettera a FRANCO
Caro Franco,

I problemi enormi dell'Africa.
Ecco un argomento che non mi coglie impreparata.
Da anni Rovereto è sede di numerose inziative in favore di missionari trentini in Africa e di medici missionari laici.
Ti presento l'Associazione Amici della busta, fondata a Rovereto più di 25 anni fa dall'On. Giuseppe Veronesi e che raccoglie ogni fine mese le "buste", appunto, anonime o no con le offerte destinate ad aiutare i missionari roveretani o trentini disseminati in tutto il mondo. Il bilancio annuo dell'Associazione è di tutto rispetto e l'aiuto suddiviso secondo le volontà di chi offre e secondo le necessità dei singoli missionari.
L'On Veronesi, ora deceduto, aveva un fratello missionario trucidato anni fa con i poveri della sua missione. Nata alcuni anni fa e quasi esclusivamente per aiutare il lavoro e le numerose iniziative dell'amico dott. Carlo Spagnolli nello Zimbabwe, è l'Associazione Amici Senatore Spagnolli.
Il Sen. Spagnolli fu uno dei pochi politici roveretani dello stampo di de Gasperi e Carlo è uno dei suoi figli, è sposato con Angelina, una donna di colore che lo segue con coraggio e ha tre figli.
Lavora in Africa da 25 anni e nello Zimbabwe lotta contro il flagello dell'AIDS riuscendo a realizzare negli ultimi anni un ospedale, il Guidotti, una scuola infermiere, il Villaggio S.Marcellino per bambini abbandonati, per lo più orfani, malati di Aids e spesso ciechi, ultima realizzazione un centro per accogliere studiosi e medici, per ora dell'Università di Catania, che andranno a studiare i metodi lì applicati per la cura e prevenzione dell'Aids.
L'Associazione, di cui trovi l'indirizzo in testa alla e.mail, ha la collaborazione anche dalla Fondazione don Gnocchi, dall'Associazione Rita Levi Montalcini, dalla Croce Rossa della Val di Fassa, dall'Antonianum di Bologna (quello dello Zecchino d'oro, per intenderci), dal Rotary di Rovereto, da volontari che raccolgono medicinali, viveri ed indumenti, atrezzature mediche, con uno degli ultimi container è stata spedita anche una auto-ambulanza.
Ogni anno partono da Rovereto o dalla Val di Fassa 4-5 containers, per partire partono, che arrivino e arrivino integri è un'altra faccenda perchè negli ultimi anni la situazione è precipitata e la fame fa diventare violenti anche i più miti.
Le farms, che erano il vanto del paese fino a qualche anno fà, sono state abbandonate dai farmer bianchi perchè in teoria destinate dal dittatore di turno ai suoi veterani.
Il risultato è che un paese potenzialmente molto ricco è ora al collasso economico e sanitario.

Ti mando una delle ultime lettere di Carlo ma ti manderò altro materiale informativo sulla situazione del paese.
Un bacio affettuoso anche a Renata da noi tutti.

Stefania
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Carissimi tutti,
vi sono molto vicino in spirito per la vostra Assemblea dei Soci di stasera,in cui avrete la gioia e la fortuna di ascoltare la testimonianza diprima mano di Suor Giovanna.
La foto che vi unisco e' al tempo stesso segno di tragedia e di speranza: Nonna Febbie infatti fa da Mamma a baby Batsirai,sette mesi di vita e gia' orfano di Madre e Padre a causa dell'AIDS:un rapporto di tenerezza e fiducia,necessitato dagli eventi, che quaggiu' e' sempre piu' frequente.
Noi tutti siamo in prima linea nella lotta contro l'AIDS,col nostro Programma di Terapia e Profilassi e con l'invio di aiuti alimentari e sanitari via containers o comperati in loco.
Di questi aiuti beneficiano anche queste due Creature di Dio che hanno trovato al Guidotti un'isola di speranza e di serenita' in un mare di tragedie.
A nome di tutti i nostri Malati e di tutti i nostri Orfani vi assicuro del ricordo nella preghiera per voi e per i vostri Cari,e tutti insieme vi incoraggiamo a perseguire la retta via della Solidarieta',per quanto accidentata e spinosa,nei confronti dei poveri tra i piu' poveri del nostro tempo: gli Ammalati e i Superstiti dell'AIDS... un abbraccio a tutti,buona serata e tanta gioia a voi e alle vostra famiglie!

vostro Carlo con Angelina, Francesco, Giovanni ed Elisa
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NOTA DEL 5 OTTOBRE 2005
Se gli europei volessero concretamente aiutare l'Africa (ma sono ancora lontani da questo umore) avrebbero oggi un grosso problema: a chi consegnare gli aiuti ?
La classe dirigente africana, politica e burocratica, è assolutamente inaffidabile, oltre che incapace.
Persone esterne sarebbero tacciate di essere degli usurpatori neo-colonialisti, da parte dei detentori attuali del potere.
Avrebbero vita molto difficile, a meno di non ungere adeguatamente le ruote a chi di dovere.
E' un dilemma.
Però, al momento è solo un dilemma a livello potenziale in quanto gli europei sono disponibili solo a fare un poco di carità.
Daltronde è più gratificante fare la carità piuttosto che pagare una tassa sull'Africa.
Ci si sente più buoni.
Franco Valsecchi
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Qualche giorno fà la TV mi ha mostrato una delle tante scene di drammatica miseria africana.
Questa volta si parlava di Etiopia.
Con il passare degli anni, inesorabilmente, le scene diventano sempre più tragiche.
Non c'è speranza di recupero, come del resto era più che prevedibile.
Noi facciamo la carità all'Africa.
Con la carità i miseri diventano sempre più miseri.
E' gente a piedi mentre noi stiamo seduti su "un treno dello sviluppo", a discutere e dibattere su chi tra noi abbia preso il treno migliore.
Usando un paragone diverso, nel caso dell'Etiopia, è come vedere qualcuno che annega e non saper/poter fare alcunché per salvarlo, ricordando, a maggior scorno, che quel tale qualche tempo fa stava sulla barca con noi, e non siamo stati noi a scaricarlo.

Queste scene africane mi riempiono di angoscia.
Angoscia e rammarico per quello che poteva essere e non è stato.
In particolare per l'Etiopia, c'è un passato italiano che anche gli etiopi di una certa età rimpiangono.
Lo dico perchè conosco un gruppo di volontariato in Vallarsa (dove ho la casa) che aiuta da diversi anni un villaggio etiope.
Il gruppo si chiama "Il Tucul", fatto di gente che tutti gli anni va per qualche mese a fare dei lavori nella zona.
Lavori consistenti nella costruzione di pozzi, strade, elettrodotti, ecc.
Da loro sento queste testimonianze di simpatia verso l'Italia di allora (1936-1940) per quello che ha fatto, e che è stato poi distrutto.
Il mio non è un discorso di nostalgia per le glorie del passato italiano.
No. E' un discorso di rabbia per l'aver dovuto abbandonare al disastro questa gente.
Ed anche per il dover continuare a sentire discorsi demagogici dai filosofi/ideologi di moda nella nostra epoca, che pontificano e dissertano sui mali del colonialismo.
Sono perfettemente conscio di fare discorsi che non sono "politically correct" ma dato che non appartengo alla politica o all'editoria godo della libertà di esprimere la mia verità.

La verità è che per molti Paesi africani il colonialismo rappresentava una via allo sviluppo.
L'indipendenza sarebbe arrivata più tardi in condizioni più mature, più vicine alle nostre.
La seconda guerra mondiale ha rovinato tutto riducendo gli Stati europei (colonialisti) a potenze di serie B o anche peggio, a favore di USA e URSS.
L'Africa è stata abbandonata prematuramente a se stessa, in balia anche della guerra fredda.
Il colpo di grazia l'ha poi dato l'infiltrazione dell'ideologia marxista in Africa. Il marxismo africano è stato una miscela tragica.

Oggi il potere di sollevare l'Africa dalla sua condizione l'avrebbero solo le grandi compagnie multinazionali, detentrici del know-how adeguato in tutti i campi. Multinazionali che andrebbero foraggiate con finanziamenti dalla comunità delle nazioni.
Ma chi osasse proporre cose del genere verrebbe impallinato dai sapienti, quelli che hanno la patente di saggi,
guadagnata ovviamente rispettando i criteri del "politically correct", cioè di quello che deve essere "il pensiero giusto".

A me rimane l'impressione di essere prigioniero della "camicia di forza" del benessere che pervade l'universo nel quale sono immerso.
Mi rimane una grande angoscia per il non saper/poter fare niente di utile per questa marea di umanità che stà andando in rovina.
Invidio quelli che piantano tutto e partono per l'Africa, anche se la loro generosità non potrà fare un gran che.
Franco
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Carissimi tutti,
certo sfida ogni logica e buonsenso l'invito delle Nazioni Unite al Nostro a parlare della Fame nel Mondo a Roma per l'Assemblea della FAO mentre fa morire di malnutrizione e di fame il suo popolo pur di restare al potere.
Sfida anche il senso comune della decenza:


Perche' non aver allora invitato il Fuhrer ad una Conferenza sui Diritti Umani e Religiosi?
Tanto piu' che in questo modo gli si da' ancora una volra l'occasione per propagare le sue menzogne sulla cosiddetta riforma agraria,non certo fallita per causa della siccita' come leggete nell'ultimo articolo,che rispecchia la realta' sul campo.
Dato che qualunque altro Capo di Stato africano poteva venire invitato al suo posto,e' evidente che anche nella FAO ci sono le sue Quinte Colonne.
Tanto piu' vergognoso quando ci sono migliaia di persone quaggiu' che sono costrette a sopravvivere con radici e tuberi selvatici, non come esseri umani ma come cinghiali!
Tutto cio' ripropone seriamente il problema della effettiva rappresentativita' ed efficienza di queste pompose Istituzioni Sovranazionali,che easuriscono l'80% del loro bilancio in salari e privilegi di ogni genere per il loro Staff

From The Daily Telegraph (UK), 17 October
Mugabe to speak at hunger debate as he defies EU travel ban again

By David Blair in Johannesburg and Hilary Clarke in Rome

President Robert Mugabe flew to Rome in defiance of a European Union travel ban after the United Nations caused outrage by inviting him to address a conference on world hunger today. Zimbabwe, once the bread basket of southern Africa and a major exporter of food, now depends on western aid to avoid starvation. Four million Zimbabweans, a third of the population, need supplies from the World Food Programme. Critics of the Harare regime are appalled that the UN's Food and Agricultural Organisation (FAO), whose mission statement is "helping to build a world without hunger", invited Mr Mugabe to address a conference in Rome marking its 60th anniversary. Tony Hall, the US ambassador to the UN food organisations in Rome, said: "My government is excited about the FAO event which is organised to remind people about hunger. However my feeling is we shouldn't be inviting someone who has absolutely turned his back on the poor in his own country. He has made a mockery about the hungry and everyone should be upset about this." Mr Hall said that since 2002 the US had donated almost $300 million [£169 million] in food aid to Zimbabwe. He visited the country when the regime was engaged in bulldozing large areas of the poorest black townships. This campaign, personally ordered by Mr Mugabe, destroyed the homes or livelihoods of 700,000 people and harmed another 2.4 million, according to a UN report.

A spokesman for the Foreign Office said: "Going to Rome to celebrate World Food Day whilst millions of ordinary Zimbabweans face food shortages as a direct result of his flawed policies simply emphasise Mugabe's skewed sense of priorities." Zimbabwe's transformation from self-sufficiency to dependency coincided with Mr Mugabe's seizure of white-owned farms. He blames food shortages on drought. But critics say hunger is the direct and predictable result of his policies. Tendai Biti, from the leadership of Zimbabwe's opposition Movement for Democratic Change, also criticised the UN invitation. "It's a tragedy," he said. "Inviting Mugabe sends exactly the wrong signal. He has completely destroyed the economic and agricultural fabric of this country. The UN shouldn't play ping-pong with the suffering of the Zimbabwean people." An FAO spokesman said that as a member "in good standing" with the agency Mr Mugabe was invited to attend. "The UN does things sometimes," said Mr Hall. "They roll over backwards to try to be fair but someone like this really makes a mockery of what we are about."

Mugabe, a Roman Catholic, last travelled to Rome for Pope John Paul II's funeral when he embarrassed the Prince of Wales, reaching across to shake the royal hand during the service. Mr Mugabe accepted the FAO's invitation on Friday and will speak at the organisation's headquarters. He seizes any opportunity to visit the western world and defy a travel ban imposed on him by the EU. This measure, introduced in 2002, supposedly prevents Mr Mugabe and 94 other members of his regime from visiting any member state. A similar ban is in force in America. Yet Mr Mugabe repeatedly exploits a significant loophole. The travel ban does not apply to UN functions because these are held to be above the jurisdiction of any individual state. So Mr Mugabe has frequently visited New York to address UN summits. He uses these occasions to denounce his western critics and blame them for Zimbabwe's food shortage. In June, Zimbabwe's state press blamed Britain for Africa's dry weather and claimed that Tony Blair was using "chemical weapons" to cause droughts and famines across the continent. Today he can be expected to seize the opportunity to make another attack on the Prime Minister and the "western imperialists" who are, apparently, obsessed with overthrowing his bankrupt regime.

From Reuters, 17 October
Gangs raid, rob farms in hungry Zimbabwe

Harare - Gangs of township thieves, armed with spears, clubs and axes, have been robbing two farms near Harare of potatoes for months as Zimbabwe struggles with hunger and a crumbling economy. The thieves, moving in bands of between 60 and 80 people, have conducted night raids of the farms over the last three months, dividing themselves into groups to attack security guards and their dogs and to dig up the potatoes, Zimbabwe's state-controlled Herald newspaper reported on Monday. The daily quoted a police spokesman as saying the latest raid took place on Saturday. Farm guards were injured and five dogs killed during the robberies by gangs armed with spears, knives, metal rods, axes and knobkerries. Police were not immediately available for comment. But the Herald said police have deployed plainclothes officers into the farms, which in one raid lost 1,000 bags of potatoes and have suffered losses estimated at Z$1 billion. Police had urged people not to disturb Zimbabwe's key farming sector, whose recovery is crucial to tackling a severe economic crisis government critics blame on President Robert Mugabe's controversial policies. Critics say Mugabe's seizures of white-owned farms and their redistribution to poorly capitalised black farmers have badly undermined the mainstay agricultural sector, with output falling by over 60 percent over the last five years. At least 4 million Zimbabweans have been surviving on food aid for the last three years, but Mugabe says the food shortages and general economic decline are mainly due to drought and financial aid sanctions imposed on him by Western powers seeking his overthrow.

Comment from Cape Times (SA), 17 October
Mbeki's absence from Commonwealth summit could well be a wrong move

By Peter Fabricius

President Thabo Mbeki apparently intends to snub the Commonwealth by not attending its heads of government summit in Malta next month. He is sending his new deputy in his place. He still seems to be in a high sulk over his defeats at the last summit in Abuja two years ago. Zimbabwe had been suspended from the Commonwealth after it deemed President Robert Mugabe had cheated his victory in presidential elections in March 2002. Mbeki believed that the suspension was only for a year and that Zimbabwe should be re-admitted to the club at Abuja. He fought a running battle with then Commonwealth chairman John Howard, the Australian prime minister, and Commonwealth secretary-general Don McKinnon in the run-up to Abuja. But he lost. The Commonwealth leaders remained adamant that Mugabe had done nothing to deserve re-admission and Zimbabwe pulled out of the club in a huff when it realised it would remain suspended. To add insult to Mbeki's injury, the Sri Lankan foreign minister Lakshman Kadirgamar, whom Mbeki had put up to oust McKinnon from the top executive post, was resoundingly defeated in the summit elections for that post.

What made it all worse for Mbeki is that he apparently misjudged the racial dynamics of the Commonwealth. Most of its members are "black" and the anti-Mugabe sentiment mostly emanated from the few "white" members. So Mbeki seemed to think the voting on both issues would go with race. But it didn't. In the Pacific and Caribbean, where most Commonwealth members inhabit specks in the ocean, the argument was not persuasive. Even in Africa, it didn't play quite as expected. The summit host, Nigerian President Olusegun Obasanjo, in particular, didn't play ball, not least because he did not want Zimbabwe to spoil his summit. The unfortunate Kadirgamar, who was apparently very resentful that he had been persuaded to stand for the secretary-generalship on grounds of exaggerated support, was incidentally assassinated, apparently by Tamil Tigers, in his capital Colombo earlier this year. Mbeki went on his worst internet rant ever after Abuja, coming within a whisker of supporting Mugabe's land grab and accusing the British of opposing Mugabe only because he had kicked their "kith and kin" off their land.

Commonwealth officials have pointed out that it is quite unusual for a head of government not to attend a summit. These are supposed to be quite intimate affairs where the leaders go off on a weekend retreat to solve the problems of the world in frank and confidential conversation. Mbeki's absence will surely be interpreted in many quarters as undue support for Mugabe - and that will act as an antidote to the good local and international publicity he has gained by trying to impose some economic and political discipline on him, as a condition for receiving a bail-out loan from South Africa. This was a good move. But Mbeki pins way too much hope on such quiet, behind-the-scenes diplomacy. There are no signs that Mugabe will accept such a conditional loan. Yet Mbeki's strategy seems to be that everyone must stand back while he personally tries to reason with the man. That's a big gamble. There may be some use for the "good cop" in dealing with Mugabe, but there is also clearly a place for the "bad cop". And by boycotting the Commonwealth, Mbeki is surely going a little too far to convince Mugabe that he is the good cop. Incidentally, you could make a case for missing the summit because the Commonwealth is an irrelevant anachronism. But not if you fought tooth and nail two years ago to get Mugabe re-admitted to it.

From ZWNEWS, 17 October
The drought red-herring

Which played a more important role in Zimbabwe's economic collapse, the damage to property rights or the drought? The Zimbabwe government continuously blames poor rainfall for the food shortages – especially the drought of 2001/2002. International agencies – the UN in particular – have also publicly supported this argument. The reasons for this are obvious: a much better case for aid can be made if a country is seen as being down on its luck, and in an economic tailspin due to factors outside its control. But how much of the dramatic cut in agricultural production can be blamed on the weather? And how much due to the abandonment of property rights as fast-track land reform has been imposed since 2000.

Craig Richardson, Associate Professor of Economics at Salem College in North Carolina addresses this question in a recent paper: The Loss of Property Rights and the Collapse of Zimbabwe. Using the Zimbabwe government’s own rainfall and crop data, he analyses agricultural output and weather conditions over the last five years, especially the glaring anomaly three years ago that output was falling despite the country’s irrigation dams being full. "There is no doubt that the 2001–02 drought caused devastation for communal farmers. However, to put primary blame on the drought for the sudden drop in overall agricultural production, as the IMF, USDA, and UN do, misses a key point. Zimbabwe differs significantly from other African countries that suffered through the same drought. The reason is that it possessed large dams and well-engineered irrigation systems for its commercial farming regions. Because of the early and large amount of rainfall in late 2001, dams throughout Zimbabwe were reported as full, with enough water to last through the next rainy season." Richardson the describes in detail why this abundance of water was not used to good effect in producing cash crops and food. He concludes that land reforms were the primary driver of Zimbabwe’s sudden collapse, not the lack of rainfall, and that the collapse of Zimbabwe has been a dramatic natural experiment that serves as a compelling case study on the economic consequences of damaging property rights.

From ZWNEWS: If you would like to read Richardson’s analysis, please let us know. It will be sent as a Word attachment, approximately four times the size of the average ZWNEWS.
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Carissima Stefania,
il testo che mi hai inviato purtroppo conferma tragicamente quello che è il mio pensiero.
Fà un'immensa tristezza leggere queste notizie.
E' stata una sciagura scacciare gli europei dall'Africa, non importa a quale titolo fossero presenti.
Ma è come parlare ai sordi.
Oggi, realisticamente, si dovrebbe studiare un modo per far tornare gli europei in Africa, ma non si sa a chi rivolgere questo appello.
Il Sudafrica, unica nazione dove sono rimasti gli europei, e hanno fondato uno Stato indipendente, è anche l'unica nazione africana con un livello di sviluppo paragonabile alle nazioni occidentali. In buona sostanza è una potenza africana.
La speranza potrebbe essere che il Sudafrica si impadronisse del resto dell'Africa, con le buone o con le cattive.
Se non sbaglio i governanti africani, consci dei rapporti di forza, temono il Sudafrica.

Per loro l'unica cosa importante è quella di mantenere il potere, non importa a quale prezzo per il popolo. E sono sicuro che se il Sudafrica tentasse azioni di forza si troverebbe contro anche tutto l'occidente, con risibili ragionamenti umanitari.
Come se l'indipendenza fosse più importante della sopravvivenza.

Grazie per lo scritto, che distribuisco a tutti gli amici.

Affettuosi saluti a te e Piero
da Franco

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